Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIMICI TERZO.
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      Federigo recossi divotamente alìa chiesa metropolitana, —la quale sorgeva con la immensa e magnifica sua mole, intatta fra mezzo a quelle immani ed universali rovine — ed assistette da buon cristiano cattolico apostolico romano alla funzione delle Palme. Il dì dopo, ricominciata la distruzione, comandò che si atterrassero tutti i campanili; e lo altissimo e mirabilissimo della basilica Ambrosiana si mozzasse. Fu fatto; e quest' ultimo mentre si stava guastando, rovinò sul tempio di guisa che lo disfece in gran parte.
      E fu questa la misericordia che quel gran principe aveva promesso di usare, a tempo ed a luogo opportuni, verso i Milanesi.1 E forse non mancarono voci impudenti che anticipassero nella dieta di que' tempi le insane e snaturate parole che d'un' altra misera città furono udite in un parlamento de' nostri: La pace regna in Milano !2 Ed era solitudine di esterminio, fatta dal despota a spavento di un popolo, reo solamente di non aver voluto cedere il tesoro della propria libertà, tesoro inestimabile, inalienabile, che acquistato dagli avi con innumerevoli cure e sacritìcj, i vivi non potevano rinunziare a detrimento de' posteri.
      XXV. La popolazione milanese fu partita in quattro borghi detti Vigentino, Niceto, San Siro e Carrara, e le fu inibito perfino il pensiero di rialzare la città dalle sue ruine: sopra le quali—disse poi la fama sformata dalle fantasie de' popoli —- il vincitore fece passare l'aratro e seminarvi il sale. Due anni innanzi Federigo Barbarossa nel furore dell'ira sua aveva fatto sacramento che non si sarebbe posta sul capo l'italica corona se non dopo di avere domata Milano.
      1 Dopo il racconto di cosi inaudito esempio di crudeltà, clli potrebbe mai credere elle quella tigre di cancelliere imperiale scrivesse Federigo avere operalo moderatamente? Ita Domiti ut Imperalor,cum Mediolanum vicisset, e misericordia victus est. Il cortigiano credeva nel domma che il principeregnante per la grazia di Dio, avendo il diritto di mozzare, anche per semplice trastullo, le teste a tutti i suoi sudditi, qualvolta le lascia loro sulle spallo, gliene debbono saper grado: ed è domma che il progresso delta civiltà europea aveva distrutto, e nondimeno oggidì una classe di genti vigliaccamente feroci tornano a predicarlo — pare impossibile! — come unico rimedio a guarire le guaste nazioni dagl'infiniti mali che ne perturbano la quiete.
      3 Suppongo che tutti i miei lettori rammentino le parole dette dal maresciallo Sebastiani alla tribuna francese quando Varsavia ricadde in mano dei Russi.
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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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