Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STOMA DEI COMUNI ITALIANI.
      Il dì dopo i Lodigiani e i Cremonesi, cui non era giunta per anche la nuòva della fuga di Federigo, accorrendo al campo imperiale trovaronsi assaliti dalle schiere di Milano, e sbandaronsi lasciando, dopo molta strage di loro, assai prigionieri, i quali poi vennero cambiati coi Milanesi e Bresciani eh' erano nelle mani del Barbarossa. Questa seconda vittoria recò ai Milanesi qualche danno, imperocché quei di Carcano, mentre ardeva la battaglia, si fecero addosso ai pochi militi rimasti a custodia degli accampamenti, gli posero in fuga e bruciarono le macchine; sebbene sia chi scrive averle distrutte gli stessi Milanesi, i quali temendo che lo imperatore andasse a stringere la loro città, reputarono convenevole cessare l'assedio, e tornarsene.
      Federigo temendo che la voce della sua sconfìtta e più anche della sua fuga, travarcasse le Alpi esagerata dal trionfante orgoglio de'vincitori, e iscuorasse i suoi principi di recargli gli aiuti richiesti,— parecchi riluttando a calare una terza volta in Italia — scrisse a taluni di loro, ed in ispecie al patriarca d'Aquileia, com'egli avesse sbaragliati i Milanesi, 1 togliendo loro il vessillo che tenevano superbamente piantato sul carroccio, e gettandolo nel fango; e quantunque avesse perduti parecchi de' suoi, nondimeno il danno che egli ebbe a sostenere, doveva reputarsi piccolissimo verso il loro, e che essi, comunque innumerevoli, si dettero alla fuga, mentre egli con molti prigioni ritornava a Como.8 Dallo quali parole si fa manifesto che la impudenza diplomatica de'nostri civilissimi tempi3 era merce che usava anche nelle
      1 II medesimo volgare artifizio usato dall'Imperatore d'Austria, vinto a Solferino nel 1859.
      2 Episl. Frìd., eie. ; presso Perlz, Monum. Uisl. Germ.
      8 La epistola di Federigo Barbarossa al Patriarca d' Aquilcia rispondoesattamente al dispaccio d'un ambasciatore della Serenissima Repubblica
      Francese. 11 generale Oudinot nel luglio del 18-ÌO narrando al suo governo la espugnazione di Roma, afferma che costretto a bombardarla, aveva posto ogni cura perchè i venerandi monumenti non ne patissero danno. Lo ambasciatoretornalo a Roma, dove non era allorché Ondinot mandò la predetta relazione, scrisse al medesimo governo non esser vero che il prode generale avesse bom-
      bardato Itoma, e dolergli di essersi trovato assente, perocché non gli avrebbe fatto commettere lo errore di scrivere a quel modo. Parrebbe egli possibile tanta impudenza nella portentosa celerità con cui a'di nostri il giornalismotramanda da un estremo all'oltro della terra i fatti quotidiani?


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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