Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIURO TERZO.
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      vegli a che, come corse nello esercito la voce della nuova alleanza delle città lombarde col papa, e della imminente scomunica, si mostrassero segni di scompiglio tali e tanti che gli stessi Cremonesi, precipui motori dell' assedio, principiarono a partirsi dal campo. Federigo non era uomo da lasciarsi prendere dal capogiro alle papali minacce ; e facendo pensiero di andare una seconda volta a Roma per ridurre al senno la curia romana, e farle intendere che non erano più i tempi de'deboli Enrichi, accrebbe gli sforzi per fornire sollecitamente la impresa di Crema, la quale lo aveva già tenuto sei mesi lì fìtto attorno le mura. E siccome sembra essere destino che in tutti gli assedj ci sia sempre il traditore che ne scemi la durala, non si sa con che argomenti l'ingegnere, di sopra rammentato, che faceva e dirigeva lo stupende macchine de'Cremaschi, s'inducesse a vendersi a Federigo che lo accolse lietissimo nel campo. Chiamavasi Marchese, e la storia a perpetuità di infamia ne ha serbato il nomo. La sua tradi-gione fu una gravissima perdita per gli assediati, e a molti pose lo sgomento nell' animo : fu guadagno grandissimo per gli assedianti, i quali con le nuove macchine da lui costruite poterono sperare vicinissima la resa o la espugnazione di Croma.
      Difatti come furono compiti nuovi apparecchi, per consiglio del traditore che conosceva i mezzi di difesa degli assediati, Federigo volle tentare un assalto. Fatte costruire altre torri di legno più alte delle mura, vi fece porre i migliori combattenti, e in cima i balestrieri : le avvicinarono alle mura con l'intendimento di gettare de' ponti su quelle : fra torre e torre stavano le milizie con zappe, picconi, martelli, scale ed altri simili strumenti. Mentre i balestrieri saettavano i Cremaschi per tenerli discosti, calarono un ponte lungo quaranta braccia, largo sei; in altri punti altre torri facevano lo stesso. Cdi assediati, non ostante il piovere delle saette, adoperando arieti e gatti, scotevano e rompevano le macchine nemiche. La pugna fu accanita e sanguinosa, e non cessò che verso sera allorché ai Cremaschi fu forza abbandonare la cerchia esteriore delle mura e ritirarsi nella interna, deliberati di difendersi e sostenere fino all'ultimo sangue un nuovo assedio. Ma quandoStoria dei Comuni italiani. — 1. lì


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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