Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      mulo come tutta la sua vita non bastasse a porgere ascolto alle querele de' popoli ; e quindi, sollecito di ministrare la giustizia, divisò di istituire in ciascuna città un magistrato, che rappresentando il potere imperiale, fu detto Potestà. Uno scrittore de' tempi — si noti che è tedesco o boemo — afferma tale provvedimento averlo consigliato i Milanesi. Potrebbe essere e non essere : che lo facessero i consoli non credo, perocché, la natura abborrendo dal suicidio, que'magistrati del popolo non potevano volere un' istituzione che gli avrebbe spenti : che lo facesse un uomo come lo arcivescovo, è credibile, dacché — messa da parte l'indole di siffatta gente — il capo del clero, vagheggiando pur sempre il ritorno de'bei tempi del suo predominio, se aveva da temere un conflitto di preponderanza col potestà imperiale, vantaggiava sempre nella caduta del potere popolare che lo aveva già costretto a tenersi dentro i confini del suo ufficio spirituale. Ma o che la istituzione de' potestà venisse a Federigo consigliata anche dai giureconsulti — la quale cosa ha più sembianza di verosimile — o eh' egli la immaginasse da sé, vero è che non mirava tanto a ministrare più speditamente la giustizia, quanto ad inceppare lo sviluppo del governo popolare, abolendo i magistrati che lo rappresentavano. E per farne esperimento col più potente comune, ossia con l'aborrita città di Milano, erano appena scorsi due mesi dopo la resa quando vi mandò Rinaldo cancelliere imperiale e Ottone conte Palatino di Baviera per abolire i consoli e creare un potestà. Furono accolti con cortesia e splendidamente ospitati in Santo Ambrogio, perocché i cittadini non sapevano la cagione della loro venuta. Ma quando gì' imperiali deputati manifestarono la volontà del principe, che avendo cominciato a mostrarsi infido ai patti giurati col togliere al contado Milanese tutto il Seprio, la Martesana e Monza, voleva compiere lo spergiuro privandoli del primissimo dei diritti d'una città libera, di quello, cioè, di eleggere i magistrati che la debbono governare, sorsero avvampanti di magnanimo sdegno Martino Malopera, Azzo Baltrasio, e Castellino Ermenolfo, incliti uomini, a rimproverare la mala fede di Federigo. Il popolo si pose in iscompiglio ; i ministri imperiali ebbero salvezza fuggendo. L'imperatore non menò rumore


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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