Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBItO TERZO.
      2G7
      ria1 ci ha serbate le vigliacche parole con che lo arcivescovo dell'eroica Milano favellava al cospetto del principe: a lui solo spettare il diritto di far leggi, e di provvedere alla giustizia ed all' onore dell'impero; il diritto stare soltanto nello arbitrio del principe, secondo la nota sentenza: Ciò che al principe piace, ha vigore di legge — una lettera, un editto, un comando di lui essere legge al popolo, il quale in compenso della protezione che riceve, pone ogni potere nelle mani del sovrano che è giusto goda il diletto del comandare. — Sconcezze enormi e schifose ! ma movevano da un uomo appartenente ad una genia, la quale come si mostra sempre facile a secondare le intemperanze del popolo che insorge, così con impudenza che pare attributo essenziale di natura, non appena lo vede domo, bacia le mani insanguinate del vincitore e predica i benefici effetti del carnefice ; genia paurosa, perchè debole, laddove dovrebbe spregiare i pericoli, per difendere i diritti dell'umana famiglia, della quale si arroga la tutela.
      XV. Nella dieta di Roncaglia Federigo promulgò due costituzioni; una concerneva i feudi, toglieva ai possessori la potestà d'alienarli o di legarli alle chiese, e li rivendicava all' alto dominio dello imperatore ; l'altra sanciva la pace in Italia, e con essa dichiarava sciolte le leghe fra le città, multandone i violatori con cento libbre d'oro; inibiva le ragu-nanze armate, toglieva il diritto di guerra privata : in fine stabiliva la perfetta sudditanza de' feudatari egualmente che de'comuni, i quali eleggendo i consoli — conforme mostrammo nella pace conchiusa coi Milanesi — dovevano farli approvare dallo imperatore o da chi lo rappresentava. Nondimeno ai comuni per la elezione popolare de'consoli, comunque inceppata dall' imperiale assenso, rimaneva tanta libertà da potersi reggere da sè. Ma siccome chi prende lo sdrucciolo della via, una volta che si abbandoni allo andare, crescendo per legge di natura il movimento, è duopo che lo percorra tutto, così Federigo avendo stabilito il principio che il volere del principe è superiore ad ogni legge umana, pensò di potere osare ogni cosa che valesse ad accrescergli autorità e potenza. Si-
      1 RaJcvico, I. c.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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