Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      libro teìtzo.
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      rigo sforzossi tempestare la città con macchine da guerra. Con tale intendimento si studiò di espugnare una torre poco discosta dalle mura, che chiamavasi 1' Arco Romano perchè sovrapposta a quattro arcate di antica costruzione; era presidiata da quaranta uomini. L'assaltò invano, poi l'assediò: per otto giorni quei di dentro si sostennero ; ma i Tedeschi cominciando a rompere i pilastri costrinsero i quaranta a rendersi. Collocarono in cima alla torre una petriera che recava gran danno alla città. I Milanesi di dentro con un onagro 1 guastarono la macchina do' Tedeschi e li costrinsero ad abbandonare la torre. Frattanto Federigo faceva orribilmente devastare la contrada, distruggendo le messi, tagliando gli alberi, bruciando le case, rovinando i molini;2 tutto il paese rendeva immagine d' un deserto. Vincevano i devastatori tutti, per rabbia e ferocia, que'di Pavia e di Cremona, che agognavano la distruzione dell' aborrita Milano. Quivi, benché gli animosi con ogni studio tenessero desto il coraggio e viva la speranza ne'cuori dell'afflitto popolo, la fame infuriava; l'aere contaminato produsse una mortalissima epidemia. La vigilanza de' reggitori non fu bastevole a impedire la confusione; mormoravano, querelavansi, tumultuavano, erano stanchi. Guido di Biandrate colse il destro e cominciò a mandare in giro pensieri e consigli di resa. Era uomo scaltro e reputato, e per i suoi gentili portamenti ben accetto ai nobili ed al popolo; uno di quegli esseri che sanno barcamenare e in una generale rovina cascano ritti. Combatteva contro Tedeschi, ed era da loro amato e riverito tanto che Federigo Barbarossa, il quale per costume non si lasciava scoscendere al perdono, gli concesse poscia tutto il suo regio favore, e l'ebbe caro e be-neflcollo. Costui adunque, fatto convocare un parlamento di popolo, ed arringandolo con bella eloquenza disse: che se egli fino allora aveva serbata fede alla repubblica, se aveva bramato che lo stato e l'onore di Milano si mantenessero incolumi e fermi, altro non aveva fatto che il debito proprio: che fino dagli anni suoi primi aveva dalla benevolenza de'cittadini ricevuto tanti favori e beneficj da conoscersi insufficiente a
      1 Così la chiama un cronista testimonio oculare. Siiclìjul, I, c.
      1 Parole di Ottone Morena Lodigiani' e fautore di Federigo.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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