Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      della libertà, instancabile nelle sue predicazioni. Un giorno il cardinale di santa Prudenziana venne insultato e percosso da un seguace d'Arnaldo ; il papa avvampò di sdegno> e fece quello che i suoi predecessori — nò anche Gregorio VII — non avevano osato di fare, cioè inflisse l'interdetto a tutta Roma, giurando di non levarlo finche ci rimanesse lo eretico. E poiché il popolo cominciava a conturbarsi che i beni spirituali gli venissero negati ne' dì solenni della settimana santa, il senato, per evitare gli scandali, consigliò o costrinse Arnaldo a partirsi. Uscito da Roma e caduto nelle mani del cardinale Gerardo di San Nicola, e poscia liberato, trovò asilo ne'castelli de' conti o visconti di Campania che lo veneravano come santo, ed ivi si tenne in sicuro.
      Allo appressarsi di Federigo, papa Adriano, dopo di essersi ritirato da Viterbo a Orvieto, e poi a Civita Castellana, gli mandò incontro tre cardinali che lo trovarono a San Qui-rico, perchè gli significassero la buona volontà e l'affetto paterno della chiesa, gli promettessero la corona imperiale a patto che il Barbarossa giurasse di conservare tutti gli onori e gli stati al pontefice e ai cardinali, e rialzasse in Roma il governo della sede apostolica disimpacciandola del senato e della repubblica. Innanzi che il patto fosse concluso, i messi pontifici, per arra dello affetto del principe verso la chiesa, lo pregarono consegnasse nelle mani del papa lo eretico Arnaldo. 11 principe fu facile ad assentire, imperocché la vita d'un monaco torbido e matto era piccolissimo prezzo ad acquistare 1' amicizia del capo della cristianità ; comandò ai conti di consegnare Arnaldo, ma vedendoli renitenti ad obbedire, fece prigione uno di loro, lo minacciò di morte sì che lo costrinse a rivelare il nascondiglio.
      Il Barbarossa avuto nelle mani il malfortunato apostolo, ne fece graditissimo dono ad Adriano, il quale lo dette al suo prefetto; e costui dopo d'averlo tenuto in carcere, vedendo che la gente tumultuava per liberarlo, sul fare del giorno Io bruciò in piazza del popolo, e ne gettò le ceneri nel Tevere temendo che le genti le raccogliessero e adorassero come quelle d' un santo.
      Il papa, in tal modo satisfatta la lunga sete col sangue
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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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