Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      UDRÒ SECONDO.
      espugnati, dette a costoro tempo ed agio di raccogliersi, riordinarsi, e rivolgersi contro i Romani, i quali si posero in fuga, perendone molti sotto il ferro straniero o annegati nel Tevere.
      Così si chiuse la sanguinosa giornata. Ma i Romani non perciò rimasero scoraggiati, imperciocché — essendo natura del guerriero italiano lo infiammarsi maggiormente alla vista del proprio sangue — la notte seguente riconvocarono un numeroso consiglio dentro Roma, e deliberarono di piombare di nuovo sugl'imperiali e finirli. Enrico lo seppe, e pensando che ad un popolo che voglia davvero non è forza di principe che possa resistere, divisò di allontanarsi da Roma conducendo seco prigioniero il papa e i suoi prelati.
      Pasquale con sei cardinali patì umiliazioni e durezze non poche per sessanta e un giorno rinchiuso nella fortezza di Tribucco, e non uscì se non dopo di avere assentito quanto lo imperatore chiedeva. Per questo nuovo concordato, i vescovi e gli abbati, che d'allora in poi sarebbero eletti liberamente e senza simonia dal clero e dal popolo e dai monaci, dovevano ricevere la investitura con la croce e l'anello por mano dell' imperatore, e nessuno poteva essere consacrato senza prima avere ottenuta la predetta investitura. Il papa lirmò il trattato presso Roma sul ponte Mammolo, che separava i Romani dallo esercito tedesco, giurando che non si sarebbe in nessun modo vendicato degli oltraggi sofferti, mentre l'imperatore prometteva di far liberi tutti i prigioni, e di rendere tutti i beni occupati alla chiesa romana.
      In questa occasione, forse tormentalo dal rimorso, lo imperatore ottenne anche dal papa, che le ossa di Enrico IV fossero deposte in luogo sacro. A ciò condiscese Pasquale dopo che parecchi testimoni ebbero detto il malarrivato principe in fino (li vita essersi pentito delle proprie colpe.
      In tal guisa pacificati il papa ed Enrico, seguì splendidissima la incoronazione. Pasquale mentre celebrava la messa prese in mano l'ostia consacrata e giurò di osservare fedelmente il trattato concluso e tutte le promesse date. Enrico ne fu satisfatto, e dopo d'avere largiti con profusione sovrana sontuosissimi doni al papa e ai cardinali suoi, prese il cani-


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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