Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

Pagina (186/593)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

      •186
      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      veniva sollecitato da' suoi fedeli, oramai stanchi del passato, e trepidanti dello avvenire, a pacificarsi col pontefice ; ed aveva ascoltati i loro consigli fino a prometter loro essere suo intendimento di porre il governo dello impero nelle mani del figlio Enrico, e recarsi a visitare il Santo Sepolcro. Ma sia che Pasquale non avesse fiducia nelle promesse di lui, e non volesse accettare patti di concordia che non dichiarassero l'impero dipendente, o a dir meglio, feudo della sedia pontificia,1 egli è indubitabile che la concordia non potè farsi, e Roma che si sentiva vittoriosa, non siritenne dal seguitare la lotta dando ad Enrico un ultimo colpo che gli riuscì morta-lissimo. Se si voglia prestar fede al testimonio di un vecchio cronista,2 Pasquale, appena il giovinetto fu dichiarato re, gli scrisse caldissime lettere esortandolo a soccorrere la chiesa di Dio contro le persecuzioni con cui la travagliava lo imperatore. E come l'incauto si fu dichiarato ribelle al padre, il pontefice lo sciolse dal giuramento di fedeltà verso quello, e lo benedisse come figlio fedele della santa chiesa. Il misero Enrico, attonito non meno che addolorato di questa nuova sciagura, scrisse con insigne dolcezza a Pasquale,3 mentre era intento a convocare una dieta in Magonza per pacificare sé col figlio, e Io impero col sacerdozio. Ma i partigiani di Roma che volevano la morte dello imperatore, lo tennero prigione onde impedire che comparisse innanzi alla dieta; incitarono i legati papali a colpirlo d'una nuova scomunica; e negandogli la comunione della chiesa che egli implorava, lo spogliarono delle insegne imperiali; ed il ribelle figliuolo fu da loro solennemente incoronato. Ad Enrico intanto era riescito fuggire dalla fortezza dove rimaneva prigione, e ripararsi a
      ¦ Vedasi presso il Labbe, tomo X , pag. 279 la formula del giuramento ebe Gregorio VII impose a Rodolfo di Svevia allorquando lo rieoDobbe per re ili Germania. Da quel documento si ricava ebe il re , appena avuta occasione di vedero il pontclice, gli doveva giurare vera obbedienza e divenire soldato di San Pietro, ponendo le proprie mani in quelle del pontefice. Ed alludeva al costume con che i feudatari facevano alto d' emaggio al proprio principe. Simili condizioni furono fatte giurare a Corrado figlio di Enrico.
      a Hermann , Narrai, restaur. abbai. S. Martini Tornacens., apud Acbéry. Spieileg., tomo 11, pag. 9-14.
      3 l/enrici ad Roman, l'onlif. Paschal. Epist., apud Urstis, tomo I, pag. o93;


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

   

Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

Pagina (186/593)






Enrico Santo Sepolcro Pasquale Roma Enrico Pasquale Dio Enrico Pasquale Magonza Roma Enrico Labbe Gregorio VII Rodolfo Svevia Dobbe Germania San Pietro Corrado Enrico Narrai S. Martini Tornacens Acbéry Roman Urstis Epist