Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      che, malconcio di percosse e ferite, a stento potè salvarsi dal furore della plebe, accorsa numerosissima in quel giorno a cagione della festa della Pentecoste. Appena le turbe del contado ebbero sgombra la città, i fautori dell'arcivescovo, piombando rapidamente addosso agli avversari, strapparono la vittoria dalle loro mani. Erlembaldo potè mettersi in salvo; ma il misero Arialdo, tradito da un prete che lo aveva ospitato, cadde in mano de'suoi nemici, i quali dopo di avergli mozzi il naso, gli orecchi, la lingua e i genitali onde irridere lo zelo da lui mostrato a predicare la castità,1 lo spensero. Per l'atrocità della morte Arialdo fu considerato come martire della fede; si sparse la voce che frequenti miracoli si operassero sopra la sua sepoltura; il popolo ne fremeva. Erlembaldo giovandosi di quella universale ebrietà degli animi, congregò nuove schiere, e gridando morte ai nemici della chiesa e del popolo, assali i fautori di Guido, e ne spogliò e incendiò le case. Forse lo parti sarebbero venute ad una temporanea concordia, o almeno avrebbero smessi gli atroci scambievoli furori; ma la calma della maggiore città di Lombardia non tornava utile ad Erlembaldo, il quale voleva opprimere o estirpare le signorie feudali, che rendevano potenti i prelati lombardi, e più ligj allo imperatore che obbedienti ed amorevoli alla corte di Roma.5
      Se il presente non era lieto, il futuro mostravasi più disastroso a Guido, il quale alla propria salvezza altro scampo non vide se non una volontaria rinunzia all' arcivescovato, che da lui stesso venne conferito a Goffredo nobile milanese. Erlembaldo, rimasto solo padrone del campo, si pose a governare dispoticamente, sostenuto dal consiglio di trenta uomini trascelti fra i più cospicui del suo partito. Era nulla l'autorità del nuovo arcivescovo, il quale costretto a cedere la più gran parte de'proventi della sedia ad Erlembaldo, non poteva pagare la somma di denari, che Guido, cedendogli il posto, erasi riserbata. Era anzi costretto a patire che lo eser-
      1 Vedine il racconto nella Cronaca d'Arnolfo; Dehinc radicilus mem-
      brum amputarli genitale, dicentes : procdicator castitatis hactenus fuisti,
      ci hinc tu caslut cris.
      1 Leo, lib. IV, cap. 4.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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