Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO SECONDO, r,
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      alti edilìciY inalzano a'poco alla volta.1 Per la qual cosa respinse sempre dal suo pensiero la insania d' una subita e violenta rivoluzione; pose, come punto finale al suo disegno, la supremazia universale del vicario di Cristo su tutti i principi cristiani; come mezzo di giungervi, la riforma, in prima del clero, poi del popolo; come condizioni della riforma, l'abolizione della simonia, e sopratutto la istituzione del celibato ecclesiastico : pensiero inumano ma stupendo, concepito a ricreare il sacerdote, e fare di tutto il clero un innumerevole esercito d'individui sciolti da ogni vincolo sociale e sparsi su per tutta la terra, ma col cuore in Roma, ritraenti la vita dal papato come da primigenia ed immediata sorgente. Priva di questo esercito stanziale e perpetuo, la chiesa, quand' anche avesse potuto conseguire lo scopo d'Ildebrando, sarebbe, mancato lui, ricaduta nell' antico e forse in un maggiore avvilimento.
      Dopo che egli dalla gratitudine di Leone IX fu inalzato alla dignità cardinalizia, lo veggiamo intraprendere una serie di provvedimenti progressivi, intenti a sgombrargli il terreno nel quale condurre la chiesa a pugnare in aperta tenzone con l'impero. Nonostante la scelta di Leone fatta dallo imperatore, quando s'indusse da Cluny ad accompagnarlo a Roma, lo persuase a presentarsi da semplice sacerdote e rimettersi al volere del popolo, che senza contrasto lo rielesse. Con que-st' atto voleva provare tacitamente che la scelta dello imperatore era nulla senza il libero consenso de' fedeli, che costituiva la elezione canonica. Come ebbe collocato stabilmente il papa sul seggio, cominciò a porre in opera i mezzi per arrivare al disegno di emanciparlo affatto dall' impero. Ottone il Grande aveva costretto Leone Vili, sua creatura, a fare un decreto, il quale dava in perpetuo allo imperatore il diritto di eleggersi un successore al trono e di scegliere o approvare il pontefice. Enrico II considerò ciò come usurpazione e rese la elezione al popolo. Corrado II risuscitò la pretesa, ed Enrico III finalmente richiamò in vigore il decreto di Leone. Contro siffatta
      1 « Nemn repente fit summug, et alta teilificia paullatim anlilicantur. i> Epitl. Greg. VII, lib. II, 43.
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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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