Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO PRIMO.
      J 05
      per mantenere ordine nella pugna, introdusse la usanza del carroccio, eh' era un carro grave trascinato da buoi. Sopra esso nel mezzo inalzavasi un albero a modo di antenna, in cima al quale sventolava il gonfalone, più sotto era affissa una croce, ed in basso sorgeva un altare per celebrarvi la messa innanzi la battaglia. Il carroccio da quel dì divenne simbolo di fervida venerazione; ogni città volle averlo; nella guerra era grandissimo disdoro e quasi infamia il lasciarlo nelle mani dell' inimico. L' anno dopo la sua partenza dall'Italia Corrado morì, e gli fu successore il figlio, Enrico III; la qual cosa accelerò ed assicurò il trionfo d'Ariberto.
      XXXIX. Vogliono taluni che Enrico non approvasse mai la politica del padre rispetto all'arcivescovo di Milano, e che anzi con esso tenesse segrete amichevoli relazioni. Appena saputa la nuova soprariferita, Ariberto gli mandò ambasciatori e concluse una convenzione. La Motta, pensando di non potersi più oltre sostenere, s'indusse ad accettare patti offerti
      0 implorati. Ma siffatta concordia fu breve: avvegnaché, forse perchè la vittoria inebria sempre ed accieca chi la consegue,
      1 capitanei e i vassalli dell' arcivescovo gareggiassero fra loro a soverchiare e spregiare gli avversari, i quali avevano nel-1" ardere del conflitto, aggregati a sè uomini uscenti dagli ordini minori del popolo. I rancori si accrebbero, le voglie erano pronte; la più lieve occasione era bastevole a riaccendere la lotta ; e la riaccese. Sorse contesa tra un valvassore ed un plebeo; le due fazioni presero a difendere, ciascuna l'uomo suo. Ma il conflitto si fece grandissimo allorquando uno de' principali capitanei, detto Lanzone — non si sa quale motivo a ciò fare lo spingesse — passò coi suoi valvassori alla Motta e se ne fece capo. Pugnarono dentro la città. I nobili, sconfitti, fuggirono alle loro castella; Ariberto useì anch'esso ad afforzarsi di nuove alleanze co' nobili maggiori di tutta Lombardia. Il popolo di Milano rimase libero, senza signore supremo, senza avvocato vescovile, senza capitanei, e tale si mantenne per tre anni, ed è cosa naturale supporre che in quel non breve periodo—non breve, a dir vero, considerate le subite e perpetue mutazioni de' tempi — facesse un primo saggio di governo popolare, che abbarbicossi al suolo italiano


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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