Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      26 STOIUA DEI COMUNI ITALIANI.
      essere considerato come una crisi politica tanto necessaria quanto era benefica. Le feste, gli spettacoli pubblici, e tutte le pompe esteriori della civiltà corrotta parevano a' cittadini un compenso che sopravanzava la perdita della libertà.
      Il concetto di Augusto fu ereditato da Tiberio, che gli succedeva allo impero. Uomo di ben altra tempra che non fosse il suo predecessore, intendeva le arti della tirannide sì profondamente, che l'avrebbe potuta innestare e farla vegetare nella pianta più rigogliosa della libertà. Fu detto del più grande artefice olandese,' la natura avergli largito tale genio che quand' anche la pittura non fosse esistita innanzi, egli l'avrebbe creata da sè e fatta progredire. Così potrebbe affermarsi di Tiberio che la natura gli aveva concesso il genio della tirannide. Cupo, astuto, dissimulatore, tranquillo, divoto, prese a tessere una tela che è il capolavoro del dispotismo. Volendo ridurre il popolo a una massa vivente, ma inerte, ma senza cervello, lo inebbriava, lo spossava, lo contaminava, simulando di compiangerne col pietoso linguaggio di Geremia l'abiezione. Vinto da un accesso di compassione, tolse i comizi dalle ragunanze popolari e li condusse dentro l'aula senatoria, che era bottega per conto suo; e i senatori, sue creature, di cui simulava deplorare la viltà o la inettezza operavano come macchine mosse dalla sua sola volontà. Questa abolizione di comizii popolari fu un colpo di gran magistero, il quale preparò quell'età, in cui il potere sovrano, spente le rappresentanze nazionali anche nello esterno apparato, si concentrò tutto nel principe, che lo esercitava sfacciatamente per mezzo de' suoi commissari sopra un popolo, al quale era primissimo, unico e sacro dovere servire a occhi bendati ad un uomo che governava col supremo attributo di Dio, l'onnipotenza.
      Il senato, il già venerando consesso de'Padri, come io avvertiva, avrebbe potuto essere una forza intermedia tra despota e popolo. Potente di ricchezze, potente di autorità, di consanguinei, di clientele, avrebbe potuto tenere in perpetua paura il sovrano flagellatore, come oggidì vediamo avve-
      1 Kembramlt.


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Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

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