Hatria = Atri di Dr. Luigi Sorricchio

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      262 LIBRO V - CIVILTÀ E COLTURA ATRI ANO-ROMAN Aed un accenno qualsiasi di scalee e di gradini. Inclinerei piuttosto a pensare che quelle robuste mura di fattura nel-1* interno « rozze quanto più se ne dica... come se fossero « messe a getto nel cavo della terra » appartenessero al ea-stettum. Era infatti questo un recinto fortificato, posto sui confini e in luoghi atti a dominare e sorvegliare le grandi vie militari. A ciò sono indotto a credere anche dalla considerazione che in quel punto era il passaggio sul Vomano della via Salaria, la quale, girando sotto il rudero - il nome alla strada ivi rimane ancora - cominciava a salire verso Atri. Dietro al cmtellum era il pago, presso a poco dove oggi è Casoli.
      I priapi e gli altri fìttili potettero appartenere ad un sa-eellura del Nume della fecondità e degli orti, comunissimi nelle campagne
      .....deus hino furum avìumqueMaxima formido.
      (Orazio, Satyr. 8).
      Territorio. — Per i paghi e per i vichi del vasto territorio proprio e coloniale di Atri, non si hanno residui architettonici. Solo abbiamo notizia di lor vita da qualche tomba, dalla sua suppellettile e da qualche iscrizione lapidea. Le antichità di Beregra son del tempo in cui il luogo aveva cessato di appartenere ad Atri, onde non possono essere considerate da noi.
      Due memorie epigrafiche vi cane parlano di costruzioni murarie fette dai maestri del luogo, ma queste non si Conoscono, e le pietre inscritte furono trovate lungi dal sito lor proprio.
      L'una è di Basciano '.Corp. 5047), publicata la prima volta dal Cherubini ed invano ricercata dal Dressel. Ivi si consacra che due maestri vicani hanno curato la costruzione di un muro, di una scalinata e sopra tutto di un crepido, ossia di un riparo od argine lungo la sponda di un fiume per proteggere una strada, che non poteva essere che la Salaria salente a Monte Giove.
      L'altra memoria appartiene a Cellino, o meglio fu ri uve-


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Hatria = Atri
di Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma
1911 pagine 324

   

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