Hatria = Atri di Dr. Luigi Sorricchio

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      CAPITOLO III.
      tìó
      la riserva di Falerio entrava in Etruria coll'evidente disegno di distrarre dal campo della lega le forze etnische. La mossa raggiunse lo scopo: gran parte degli Etruschi abbandonò l'esercito federale per andare a difendere le proprie sedi. I Sanniti coi Galli avevano già preso contatto coll'avanguardia romana presso Chiusi, e l'avevano respinta battendola fortemente. Ma quando vennero a maggiore battaglia presso Sen-tino (Sassoferrato), sul versante orientale dell'Appennino, le loro fila erano assai diradate di Etruschi e di Umbri. Non ostante, furono ad un pelo dall'acciuffare la vittoria. Sull'ala destra dei Romani, tenuta da Rulliano, la battaglia rimase a lungo indecisa; sulla sinistra, tenuta da Decio, la cavalleria romana fu dispersa dai carri gallici e le legioni cominciarono a piegare. Allora Decio si votò alla morte per incoraggiare i suoi, cacciandosi con tutto l'impeto eroico nel folto delle schiere galliche, dove trovò la fine. I fuggiaschi si ritrassero, Rulliano mandò nuove coorti sulla pericolante ala sinistra, e la sconfìtta si cambiò pei Romani in vittoria (459 = 293).
      Ma i Sanniti neppure allora si arresero: si prepararono ad una disperata difesa con quel coraggio d'uomini liberi, dice il Mommsen, che non può costringere la fortuna, ma può però svergognarla. Resistettero ancora parecchi anni in campo aperto ed in campo chiuso, riportando qua e là segnalati vantaggi tra i monti ed entro le fortezze, e persino un'ultima vittoria contro il vecchio Rulliano per opera di Gavio Ponzio, forse figlio del vincitore di Caudio, che i Romani vilmente fecero morire in carcere quando poco dopo cadde prigione (463 = 291). L'anno seguente fu conchiusa la pace senza alcuna condizione ingiuriosa ed umiliante da parte dei vincitori.
      Allora più nulla si mosse in Italia, e Roma addivenne ai premi ed ai castighi, ispirati a quella scaltrezza politica, di cui fu maestra insuperata. Tra i più fortemente puniti furono


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Hatria = Atri
di Dr. Luigi Sorricchio
Tipografia del Senato Roma
1911 pagine 324

   

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