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dolore manifesta cagione, non m'è pertanto discaro il ri-ducere spesso nella faticata mente, o crudel donna, la piacevole immagine della vostra somma bellezza; La quale, piò possente che '1 mio proponimento, di sè e di Amore, giovane di anni e di senno, mi fece soggetto: e quella, quante volte mi venne, con intero animo contemplando, piuttosto celestiale che umana figura essere con meco dilibero. E che essa quello che io considero sia, il suo effetto ne porge argomento chiarissimo; però che ella con gli occhi della mia mente mirata, nel mezzo delle mie pene ingannando, non so con che ascosa soavità, l'afflitto cuore, gli fa quasi le sue continove amaritudini obliare, ed in quello di sè medesima genera un pensiero umilissimo, il quale mi dice : questa è quella Fiammetta, la luce de' cui belli occhi prima i nostri accése, e già fece contenti con gli atti suoi gran parte de' nostri ferventi disii. O quanto allora, me a me togliendo di mente, parendomi essere ne' primi tempi, li quali, io non immerito, ora conosco essere stati felici, sento consolazione. E certo, se non tossono le pronte sollecitudini, delle quali la nimica fortuna m'ha circondato, che non una volta, ma mille, in ogni piccolo momento di tempo, con punture non mai provate mi spronano, io credo che, così contemplando, quasi gli ultimi termini della mia beatitudine abbracciando morre' mi. Tirato adunque da quello a che, quantunque sia stato lungo lo spazio, appena essere stato mi pare, quale io rimanga, Amore, che i miei sospiri conosce, il può vedere : il quale, ancoraché voi ingiustamente di piacevole sdegnosa siate tornata, però non mi abbandona. Nè possono né potranno le cose avverse, nè il vostro turbato aspetto spegnere nell'animo quella fiamma, la quale, mediante la vostra bellezza, esso vi accese; anzi essa più fervente che mai, con isperanza verdissima, in me nutrica. Sono adunque nel numero de' suoi soggetti com'io solea. Vero è che dove bene avventurato già fui, ora infelicissimo mi trovo, siccome voi volete, di tanto solamente appagato, che tórre non mi potete ch'io non mi tenga pur vostro, e ch'io non vi ami; posto che voi per vostro mi rifiutate, e il mio amarvi forse più gravezza che piacere sia da voi riputato: e tanto mi hanno, oltre a questo, le cose traverse di conoscimento lasciato, che io sento che, per umiltà, ben servendo ogni durezza si vince, e merita uomo guiderdone. La qual cosa non so se a me avverrà; ma come che seguir me ne deb-