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mio padre, siccome indegno di tale sposa, traendolo i fati, s'ingegnò d'annullare i fatti sacramenti, e le 'mpromesse convenzioni alla mia madre. Ma gli Iddii non curantisi di perdere la fede di sì vile uomo, con abbondante redine riserbando le loro vendette a giusto tempo, il lasciarono fare; e quello che la mia madre gli era, si fece falsamente d'un'altra nelle sue parti. La qual cosa non prima sentì la sventurata giovane, dal primo per isciagurata morte, e dal secondo per falsissima vita abbandonata, che i lungamente nascosi fuochi fatti palesi co' ricevuti inganni, chiuse gli occhi, e, del mondo a lei mal fortunoso, si rendè agli Iddii. Ma Giunone, nè Imeneo non porsero alcuno consentimento a' secondi fatti, bene che chiamati vi fossero; anzi esecrando la adultera giovane con lo 'ngan-nevole uomo, e verso loro con giuste ire accendendosi, prima privatolo di gran parte de' beni ricevuti da lei, e dispostolo a maggiore ruina, a morte la datrice, la data e la ricevuta progenie dannarono con infallibile sentenzia, visitando con nuovi danni chi a tali effetti porse alcuna cagione. Ma io, venuto ne' discreti anni, questa Dea, alla quale piccioletto rimasi, ed a cui molto di me è caluto, seguendo, nelle palestre palladie, come a lei è piaciuto, con diversi ingegni ho le mie forze operate; e sì m'è stata beni vola la fortuna, che in quelle da molti sono stato e sono riputato agrissimo pugnatore. Questa cosa avendo partorito graziosissimo fiore, riuscì a pessimo frutto e non pensato; perocché per questi effetti, forse, non meno di Ercole riputandomi degno, oltre al piacere degli Iddii. con la mente levato in alto, cercava i cieli, come voi vedeste nei focosi carri, tirati da' fieri draghi; ma in quelli niuna entrata ne fu largita; e già prontissima ruina. mancata a'tiranti la forza, ci s'apparecchiava, la quale forse senza irrevocabile
menando questo Guccio a stare tre o quattro giorni a questo castello, esso s'innamorò di una suoro carnale di costoro, la quale era bella donna, et di tempo quasi d'anni sedici, e non aveva ancora marito, et essa s'innamorò del detto Guccio, et per mezzo di una sua cameriera di lei, esso Guccio se la fece moglie; et prima cb'ello avesse a fare di lei, segretauiente la sposò e dielle l'anello. Et stando cosi segrata-mente insieme, la donna, la quale avrea nome Maria, ingravidò di questo Guccio. ^ V. Maccabi, Intorni del Re Giannino di Francia, Siena, Xava, 1893. Cfr. Gabrieli.i, Epistolario di Cala di Rienzo, 250.