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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   La nostra città, oltre a tutte l'altre italiche, di lietissime feste abbondevole, non solamente rallegra i suoi cittadini o con le nozze o con li bagni o con li marini liii, ma, copiosa di molti giuochi, sovente or con uno, or con un altro letifica la sua gente: ma tra l'altre cose, nelle quali essa appare splendidissima, è nel sovente armeggiare. Suole adunque esser questa a noi consuetudine antica, poiché i guazzosi tempi del verno sono trapassati, e la primavera co' fiori e con le nuove erbette ha al mondo rendute le sue smarrite bellezze, essendo con questi i giovaneschi animi, e per la qualità del tempo accesi, e più che l'usato pronti a dimostrare i loro disii, di convocare ne' dì piii solenni, alle logge dei cavalieri, le nobili donne, le quali, ornate delle loro gioie più care, quivi s'adunano. Non credo che più nobile o più ricca cosa fosse a riguardar le nuore di Priamo con l'altre frigie donne, qualora più ornate davanti al suocero loro a festeggiar s'adunavano, che sieno in più luoghi della nostra città le nostre cittadine a vedere; le quali, poiché a' teatri (') in grandissima quantità ra-gunate si veggono, ciascuna, quanto il suo poter si stende, dimostrandosi bella, non dubito che qualunque forestiere intendente sopravvenisse, considerate le contenenzie altiere,i costumi notabili, gli ornamenti piuttosto reali che convenevoli ad altre donne, non giudicasse noi non moderne donne, ma di quell'antiche magnifiche essere al mondo tornate, quella per alterezza, dicendo, Semiramis somiglierebbe ; quell'altra, agli ornamenti guardando, Cleopatra si crederebbe; l'altra, considerata la sua vaghezza, sarebbe creduta Elen
   a; ed alcuna, gli atti suoi ben mirando, in niente si direbbe dissimigliante a Didone. Perchè vo io somigliandole tutte? Ciascuna per sè medesima parrebbe una cosa piena di divina maestà, non che d'umana. Ed io misera, prima che il mio Panfilo perdessi, più volte udii tra' giovani questionare a quale io fossi più da essere assomigliata, od alla vergine Polissena, od alla Ciprigna Venere» dicendomi alcuni di loro esser troppo somigliarmi a una Dea, ed altri rispondenti in contrario, esser poco assomigliarmi a femmina umana. Quivi, tra cotanta e così nobile compagnia non lungamente si siede, nè vi si tace, nè vi si mormora; ma
   (') I sedili, o seggi, o tocchi, edilizi, dove ci adunavano i nobil de'rioni (piazze). Più su li chiamati logge. Cfr. p. 97.