- 326 —
altri con reti ed altri con più nuovi artifizi a' nascosi pesci si vedevano pescare. Che giova il faticarsi in voler dire ogni particolare diletto che quivi si prende? Egli non verrebbe meno giammai. Pensi seco, chi ha intelletto, quanti e quali essi deono essere, non andandovi, e se vi pur va, non veg-gendovisi alcun altro che giovane e lieto. Quivi gli animi aperti e liberi sono, e sono tante e tali cagioni per le quali ciò avviene, che appena alcuna cosa addimandata negar vi si puote. In questi così fatti luoghi confesso io, per non turbar le compagne, d'aver avuto viso coperto di falsa allegrezza, senza aver ritratto l'animo da' suoi mali ; la qual cosa quanto sia malagevole a fare, chi l'ha provato ne può testimonianza dare. E come potrei io nell'animo essere stata lieta ricordandomi già meco e senza me avere in simili diletti veduto il mio Panfilo, il quale io sentiva oltremodo da me esser lontano, ed oltre a ciò senza speranza di rivederlo ? Se a me non fosse stata altra noia che la sollecitudine dell'animo, la quale me continuamente teneva sospesa a molte cose, non m' era ella grandissima? E come è da pensare altrimenti, conciofossecosaché il fervente disio di rivederlo avesse sì di me tolta la vera conoscenza, che, certamente sapendo lui in quella parte non essere, pur possibile che vi fosse argomentassi, e come se ciò fosse senza alcuna contradizione vero, procedessi a riguardar se io il vedessi ? Egli non vi rimaneva alcuna barca delle quali quale in una parte volante e quale in un' altra, era così il seno di quel mare ripieno, come il cielo di stelle, qual'ora egli appare più limpido e sereno, che io prima a quella e con gli occhi e con la persona riguardando, non pervenissi. Io non sentiva alcun suono di qualunque stromento quantunque io sapessi lui, se non in uno essere ammaestrato, che con le orecchie levate non cercassi di sapere chi fosse il sonatore, sempre immaginando quello esser possibile d'esser colui il quale io cercava. Niun lito, niuno scoglio, niuna grotta da me non cercata vi rimaneva, nè ancora alcuna brigata. Certo io confesso che questa talora vana e talora infinita speranza mi toglieva molti sospiri, i quali, poiché ella da me era partita, quasi come se nella concavità del mio cerebro raccolti si fossero quelli che uscir dovevano fuori, convertiti in amarissime lagrime, per li miei dolenti occhi spiravano: e così le finte allegrezze in verissime angosce si convertivano.