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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   - 310 —
   trario in liti gessi mi, disiava, Certo, se io dicessi che questa fosse la cagione per la quale io l'amassi, io confesserei che ogni volta che ciò nella memoria mi tornasse, mi fosse dolore a niuno altro simile; ma in ciò mi sia Iddio testimonio, che cotale accidente fu ed è cagione menomissima dello amore che io li porto: non pertanto niego, che ciò, ed ora ed allora, non mi fosse carissimo. E chi sarebbe quella sì poco savia che una cosa che amasse non volesse, anzi che lontana, vicina? E quanto maggiore fosse l'amore, più sentirsela appresso? Dico adunque che, dopo tale avvenimento, da me avanti, non che saputo, ma pur pensato, non una volta, ma molte, con sommo piacere, e la fortuna e il nostro senno ci consolaiono lungo tempo a tale partito, avvegnaché ora a me lieve più che uno vento fuggito mi si mostri. Ma mentre che questi così lieti tempi passavano, siccome Amore veramente può dire, il quale solo testimonio ne posso dare, alcuna volta non fu senza tema a me licito il suo venire, che egli per occulto modo non fosse meco. Oh, quanto gli era la mia camera cara, e come lieta essa lui vedeva volentieri! Io il conobbi ad essa più reverente, che ad alcuno tempio, Oimè! quanti piacevoli baci! Quanti amorosi abbracciamenti ! Quante notti, ragionando, graziose più che il chiaro giorno, senza sonno passate! Quanti altri diletti cari ad ogni amante in quella avemmo ne' lieti tempi ! 0 santissima vergogna, durissimo freno alle vaghe menti, perchè non ti parti tu, pregandotene io? Perchè ritieni tu la mia penna atta a dimostrare gli avuti beni, acciocché, dimostrati interamente, le seguite infelicità avessero forza maggiore di porre per me pietà negli amorosi petti? Oimè! che tu m'offendi, credendomi forse giovare: io desiderava di dire piii cose, ma tu. non mi lasci. Quelle adunque alle quali tanto di privilegio ha la natura prestato, che, per le dette, possano quelle che si tacciono comprendere, all'altre non così savie il manifestino. Nè alcuna me, quasi non conoscente di tanto, stolta dica, chè assai bene conosco che più sarebbe il tacere stato onesto, che ciò manifestare che è scritto; ma chi può resistere ad Amore, quando egli, tutte le sue forze operando, s'oppone? Io a questo punto più volte lasciai la penna, e più volte, da lui infestata, la ripresi; e ultimamente a colui al quale io ne' principi non seppi, libera ancora, resistere, convenne che io serva obbedissi. Elli mi mostrò altrettanto li diletti nascosi valere, quanto li tesori sotto la terra occultati. Ma perchè mi diletto io tanto*