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non altrimenti il tenero pie d' Euridice trafisse il nascoso animale, che me, sopra l'erbe distesa, una nascosa serpe venente tra quelle, parve che sotto la sinistra mammella mi trafiggesse, il cui morso, nella prima entrata delli acuti denti, parea che mi cocesse; ma poi, assicurata, quasi di peggio temendo, mi pareva mettere nel mio seno la fredda serpe, immaginando lei dovere, col beneficio del caldo del proprio petto, rendere a me più benigna. Ma quella, più sicura fatta per quello, e più fiera, al dato morso raggiunse la iniqua bocca, e dopo lungo spazio, avendo molto del nostro sangue beuto, mi pareva che, renitente, uscendo dal mio seno, vaga vaga, fra le prime erbe, col mio spirito si partisse. Nel cui partire il chiaro giorno turbato, dietro a me vegnendo, mi coprìa tutta, e secondo era l'andare di quella, così la turbazione seguitava, quasi come, a lei tirante, fosse la moltitudine de' nuvoli appiccata, e seguissonla: e non dopo molto, come bianca pietra gittata in profonda acqua, a poco a poco, si toglie alla vista de' riguardanti, cosi si tolse alli occhi miei. Allora il cielo di somme tenebre chiuso vidi, e tale, partitosi il sole, la notte tornata pensai, quale alli Greci tornò nel peccato di Atreo; e le corruscazioni correano per quello senza alcun ordine, e li crepitanti tuoni spaventavano le terre e me similmente. Ma la piaga la quale insino allora per la sola morsura m'avea stimolata, piena rimasa di veleno vipereo, non valendovi medicina, quasi tutto il corpo con enfiatura sozzissima parea che occupasse: laonde io, prima senza spirito, non so come, parendomi essere rimasa, ed ora sentendo la forza del veleno il cuore cercare per vie molto sottili, per le fresche erbe, aspettando la morte, mi voltava. E già l'ora di quella venuta parendomi, offesa ancora dalla paura del tempo avverso, fu sì grave la doglia del cuore quella aspettante, che tutto il corpo dormente riscosse, e ruppe il forte sonno, dopo il quale rotto, subito, paurosa ancora delle cose vedute, con la destra mano corsi al morso lato, quello nel presente cercando, che nel futuro m'era apparecchiato; e, senza alcuna piaga trovandolo, quasi rallegrata e sicura, le sciocchezze dei sogni cominciai a deridere, e così vana feci delli Iddii la fatica. Ahi misera me! quanto giustamente, se io li schernii allora, poi, con mia grave doglia, gli ho veri creduti, e piantili senza frutto, non meno delli Iddii dolendomi, li quali con tanta oscurità alle menti grosse dimostrano li loro segreti, che quasi non mostrati sono, che avve-