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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   esser Cesare, Erennio o Mecena se non Niccolò. Nella quale se forse in fronda o altra parte si contenesse alcun difetto, non malizia, ma ignoranza n'ha colpa; e però liberamente l'esaminazione e la correzione d'essa commetto nella madre di tutti e maestra sacratissima Chiesa di Roma, e de' più savi, e di te, la quale poscia ti prego conservi, siccome tua, nel santo seno, nel quale il fattore d'essa hai con amore indissolubile sempre tenuto, e vedova e lontana alla sua donna lieta, non altramenti che io, consola con la soavità della voce tua, infino a tanto che, con quella giugnendosi, intera senta la sua letizia.
   Dalla Fiammetta.
   Nel tempo, nel quale la rivestita terra, più che tutto l'altro anno, si mostra bella, da parenti nobili procreata, venni io nel mondo, da benigna fortuna ed abbondevole ricevuta. Oh ma-ladetto quel giorno, ed a me più abbominevole che alcuno altro, nel quale io nacqui ! oh quanto più felice sarebbe stato se nata non fossi, o se dal tristo parto alla sepoltura fossi stata portata, nè più lunga etade avessi avuta, che i denti seminati da Cadmo, e ad una ora rotte e cominciate avesse Lachesis le sue fila ! Nella picciola età si sarebbero rinchiusi li infiniti guai, che ora di scrivere trista cagione mi sono. Ma che giova ora di ciò dolersi ? Io ci pur sono, e così è piaciuto e piace a Dio che io ci sia. Ricevuta adunque, siccome è detto, in altissime delizie, ed in esse nutrita, e dalla infanzia nella vaga puerizia tratta sotto riverenda maestra, qualunque costume a nobile giovane si conviene, apparai. E sì come la mia persona nelli anni trapassanti crcscea, così le mie bellezze, de' miei mali speciale cagione, multiplicavano. Oimè ! chè io, ancora che picciola fossi, udendola a molti lodare, me ne gloriava, e loro con sollecitudini ed arti faceva maggiori. Ma già, dalla fanciullezza venuta all'età più compiuta, meco, dalla natura ammaestrata sentendo quali disii alli giovani possono porgere le vaghe donne, conobbi che la mia bellezza, miserabile dono a chi virtuosamente di vivere desidera, più miei coetanei giovanetti, ed altri nobili, accese di fuoco amoroso. E me con atti diversi, male allora da me conosciuti, volte infinite tentarono di quello accendere, di che essi arde-