- 296 —
ma se bisogna, ora per tutte le volte ne sii pregato. Egli lietissimo, con qualunque sacramento porge più fede, promise quello, che io cercava. Cosi adunque divenni sua, e de' cercati doni il feci contento, e lui ancora tengo per mio, e terrò sempre. Egli me e i miei ammaestramenti seguita paziente. Adunque, come avete udito, cosi di Venere diventai; la quale vedendo io sollecita ad aiutare i suoi, grandissima cagione fu a me di seguitare la sua deità: la quale tanto più seguito affettuosa' quanto più a sommettermele fui innanzi dubbiosa; e perciocché tante volte dal mio Celeone, da cui sempre fui chiamata Fiammetta, avanti l'acceso amore, verde fui conosciuta, di vestirmi di verde poi sempre mi sono dilettata; ed a memoria de' nostri amori e perpetuo onore della nostra Dea, lieta visito questi templi
(Fine dell'Ameto).
Io mi levai dal luogo ov'era quatto Stato ad udire, e a vedere il giorno Tanto di ben, quanto fu patefatto.
E già veggendo delle stelle adorno 11 cielo, in me dello annottar doglioso, Quindi parti'mi senza far soggiorno.
Ma pensi, chi ben vede, se penoso Esser dovei, e con amaro core, Quel luogo abbandonando grazioso.
Quivi beltà, gentilezza e valore.
Leggiadri motti, esemplo di virtute, Somma piacevolezza, e con amore;
Quivi disio movente uomo a salute, Quivi tanto di bene e d'allegrezza, Quanto uom ci puoteaver; quivi compiute
Le delizie mondane, e lor dolcezza Si vedeva e sentiva, ed, ov'io vado, Malinconia ed eterna gramezza.
Lì non si ride mai, se non di rado: La casa oscura e muta, o molto trista Me ritiene, e riceve a mal mio grado,
Dove la cruda ed orribile vista D'un vecchio freddo, ruvido ed avaro Ogn'ora con affanno più m'attrista.