Stai consultando: 'Per la biografia di Giovanni Boccaccio ', Francesco Torraca

   

Pagina (293/434)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (293/434)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   - 294 —
   crebbi, che '1 sonno non potendola sostenere, fuggendo, cacciò quella che più m'aggradava di riguardare. E già l'uccello escubitore col suo canto avea dati segnali del venuto giorno, perchè io, senza più al sonno tornare, pregando gli Iddii che vere le vedute cose facessero, mi levai; e con ferma speranza più volte cercando in ogni luogo, ove belle donne si ragunassero, per vedere questa andai; e minori fatiche delli perduti amori sosteneva per questa. Ma sedici volte tonda, e altrettante bicorne ci si mostrò Febea, avanti che la servata immagine in me avesse a cui somigliarsi, tra molte in quello mezzo da me vedute. Ma la superna previdenza disponenle con eterna ragione le cose a' debiti fini, tenente Titan di Gradivo la prima casa, uno grado oltre al mezzo (') o poco più, un giorno, nella cui aurora avea signoreggiato lo Dio appo li Lazi (-) già per addietro stato per paura del figlio, e di quello già Febo salito alla terza parte, io entrai in un tempio da colui (8) detto, che, per salire alle case degli Iddii immortali, tale di sè tutto sostenne, quale Muzio, di Porsenna in presenzia, della propria mano; nel quale, ascoltando io le laudi in tale dì a Giove per la spogliata Dite rendute, cantando li Flammini (4) laudanti le poche sustanzie di Codro, e per dovere obbligati a' soli bisogni della natura, rifiutando ogni più; voi singulare bellezza dell'universo, di bruna vesta coperta, appariste agli occhi miei; ed il cuore già delle dette cose dimentico, nè tremebondo per altra, moveste a tremare; ma io non conoscendo perchè, alquanto mirandovi, d'avervi veduta altrove, in me tentava di ricordarmi; ma il mutato vestire, il come e '1 quando mi toglieva del tutto. Ma pure, la graziosa vista, lungo tempo stata già donna della mia mente, m'accese per modo, ch'ancora mi cuoce, e farà sempre, e tutto quel giorno, di riconoscervi col pensiero, indarno faticai la memoria, atto a più lunga fatica, se il dì seguente solenne non me ne avesse tratto; nel quale al già detto tempio tornai, dove io voi, come ricordare vi dovete, di molto oro lucente, adornata di gemme, di finissimo verde vestita, bella per arte e per natura, vi vidi. Nè prima il verde vestire corse agli occhi miei, che lo industrioso intelletto riconobbe il vostro viso, e con affermazione dissi:
   (') Il sole era al sedicesimo grado dell'Arieto. (a) Saturno; era il sabato sauto. (3) 8. I.Oronzo.
   (*) I Francescani.