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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   me negandosi, mi era materia di pessima vita. Io ricercai molte volte la grazia perduta, nè quella mai potei riavere ; per la qual cosa un dì, da greve doglia sospinto, ardilo divenni oltre il dovere, ed in parte, ove lei sola trovai, così le dissi : Nobile giovane, s'egli è possibile che mai il tuo amore mi si renda, ora, i molti prieghi ragunati in uno, il dimando. A cui ella rispose : Giovane, la tua bellezza di quello ti fece degno ; ma la tua iniquità di quello t' ha indegno renduto ; e però, senza speranza di riaverlo giammai, vivi ornai come ti piace; e questo detto, come se di me dubitasse, si partì frettolosa, Certo io estimo che il dolore della impaziente Bidone fosse minore che '1 mio, quand'ella vide Enea dipartirsi ; ma tacerollo, però che invano gitterei le parole, pensando che la menoma parte appena se ne potrebbe per me esplicare ; ma così dolente la mia camera ricercai, nella quale solo più volte l'angosce mie, come Ifi o Bibli, miseramente pensai di finire. Ma già, fuggita ogni luce, la notte occupava le terre, quando a me in questi pensieri involto, noti senza molta fatica il sonno, imitante la morte, entrò nel mio misero petto ; nel quale, qual si fosse lo Iddio, verso me o pietoso o crudele, che movesse Morfeo a varie cose mostrarmi, m'è occulto ; ma cose terribili vidi in quello, intorno alla fine del quale, come io avviso, mi parea in doloroso atto sedere in una parte della camera mia, ed in quella vedermi davanti Pampinea e la turbata Abrotonia; e amendue mirandomi fiso, con atto lascivo e con parole abbominevoli dannand
   o i miei dolori, mi schernivano. Alle quali a me pareva, con prieghi, dire che esse quindi partendosi, me lasciassero a' miei dolori solo, poiché di quelli erano state movente cagione ; ma le mie parole non aveano luogo; esse ogn'ora crescenti ne' miei obbrobri con più turpi parlari, non mi si levavano dinanzi; onde non poco cresceva la doglia mia, e per questo a loro la seconda volta rivolto, diceva: 0 giovani schernitrici de' danni dati, e di chi con sommo studio per addietro v'ha onorate, levatevi di qui: questa noia non si conviene a me per premio de' cantati versi in vostra laude, e delle avute fatiche. A queste parole, Abrotonia più focosa rispose: Brieve ti fia la nostra noia, e tosto ti fìa palese per cui più altamente canterai che per noi, che qui venute semo a porti silenzio, se più ne volessi cantare. A cui mi pareva rispondere: Cessino gli Iddii che questo sia, che io mai più, se della signoria esco di voi, come io disio.