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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ¦ditissimo quivi era venuto, acui egli disse: Ecate, vinta dalle mie parole, e da varii sughi di erbe, e virtuosi, a questo luogo venire mi diede apertissima via e sicura, la quale similmente m'avrebbe nel tuo petto data, se io i tuoi amori volessi sforzati. Maravigliaimi udendo questo ; ma null'altra via conoscendovi, gliel credetti ; e la seconda volta domandandolo, cercai come, quando, dove, e perchè io gli fossi piaciuta ; alla quale dimanda egli, umile e con voce quieta, dopo molti sospiri, così mi rispose : Bella donna, unico fuoco della mia niente, io, nato non molto lontano a' luoghi, onde trasse origine la tua madre, fanciullo cercai i regni Etruri, e di quelli, in più ferma età venuto, qui venni. Ma essendo io già alla città presente vicino, i cieli, le future cose sententi, parte delle fiamme, che si doveano acquistare nel luogo mai non veduto, mi vollono aprire, e quale che si fosse subito la cagione, me tutto in me raccolto trasse a'dolci pensieri; nel mezzo de' quali la vostra città mi si fe' palese, e le mai non vedute rughe con diletto teneano l'anima mia, per la quale così andando, agli occhi della mente si parò innanzi una giovane bellissima in aspetto graziosa e leggiadra, e di verdi vestimenti vestita, ornata secondo che la sua età e l'antico costume della città richiedono ; e con liete accoglienze, me prima per la mano preso, mi baciò, ed io lei ; dopo questo aggiungendo con voce piacevole: Vieni dove la cagione de' tuoi beni vedrai. A me pareva essere disposto a seguirla, quando contrario accidente e subito mi percosse; e me di me fuori errante, in me rivocò con dolore; e già vicino al cadere mi vidi del non retto cavallo, me verso quella portante, dov' io stava. Ma questo non operò che di quella la immagine si partisse da me, che, risentito, co' ridenti compagni, mi vidi alla entrata de' luoghi cercati, ove io entrai, e l'età pubescente di nuovo, senza riducere la veduta donna ne' miei pensieri, vi trassi. E, come gli altri giovani le chiare bellezze delle donne di questa terra andavano riguardando, ed io, tra le quali una giovane ninfa, chiamata Pampinea, fattomi del suo amore degno, in quello mi tenne non poco di tempo; ma a questa la vista d'un'altra, chiamata Abrotonia, mi tolse, e femmi suo. Ella certo avanzava di bellezza Pampinea, e di nobiltà, e con atti piacevoli mi dava d'amarla cagione. Ma poi, fattomi de' suoi abbracciamenti contento, quelli mi concesse non lunga stagione; perocché, io non so da che spirito mossa, verso di me turbata, del tutto a