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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ed il vegghiante gallo aveva le prime ore cantate, ed ogni stella pareva nel cielo, quando io giovanetta, non vinta dal sonno, per picciola finestrella mirava quelle; ed in me medesima pensando il moto, la bellezza e l'eternità, le lodava molto ; quando Vesta in pietoso abito, dalle sue vergini intorniata, benigna m'apparve, e me stupefatta rese con queste parole : Cara giovane, che mirano gii occhi tuoi ? Appena in me venne la voce a satisfarla, ma pur gliel dissi ; ma ella più a me allora accostatasi, che reverente stava dinanzi a' piè di lei, disse : Io son quella dea, i fuochi della quale tu con le vergini mie con animo puro solleciti ; ed acciocché io non possa ingrata da te essere chiamata, li giuro per gli stigi fiumi, che se bene quelli in vita serverai, quella corona, la quale fu d'Adriana, e che tu puoi nel sereno cielo vedere ornata d'otto stelle, ti farò dare a Giove. E col santo dito fattalami conoscere, volendo io promettere di servarli, e ringraziarla della promessa, si tolse agli occhi miei. Onde io. lieta di tale accidente rimasa, disposi eternalmente vivere ne' santi tèmpi ; ma a ciò fu l'avvenimento contrario, perchè bene il mio viso non rispondeva al pensiero ; e la mia bellezza fu eagione di rompere le mie proposizioni, la quale da uno de' più nobili giovani della terra, là dov' io nacqui, veduta, piacqui agli occhi suoi. Questi, di fortuna grazioso, e de' beni giunonichi copioso, e chiaro di sangue, prima tentò i miei matrimoni, li quali da me negatili, non si stette, ma a colui, che forse sua figliuola mi reputava, mi domandò, e fu udita la sua dimanda. Per la quale cosa di colui i piaceri fuggire non potei; e certo io me ne sarei vie più sconfortata, che io non feci, se a ine non fosse stato mostrato di potere ad una ora e i matrimoni seguire, e i santi fuochi cultivare della dea. Fui adunque, e sono di quello, che con sollecitudine mi cercò; e quella corona sperando, ancora lieta visito i tèmpi vestali, e lei come deità singulare onoro. Ma come Venere mi prendesse, vi farò noto.
   Essendo io, come io v' ho detto, del pronto giovane, e sua stata più anni, avvenne che, per caso opportuno, gli convenne a Capova, per addietro l'una delle tre migliori terre del mondo, andare; onde io nella mia camera le paurose notti traeva nel freddo letto, nel quale, temperante Apollo i veleni freddi di Scorpione, sicura e sola una notte dormiva ; e certo le immagini dello ingannevole sonno mi mostravano quello.
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