irritò tanto, da rinunziare al proponimento già preso, alla promessa già data, di recarsi a Napoli. L'Hau-vette nota che, « sin dal 1353 pensava un mondo di male dell' Acciaiuoli »; poi suppone — ripeto: suppone — che questi « dopo il 1353 avesse ripetuto il suo invito » ; e, infine, conchiude : « M'immagino dunque che nel 1355 il Nostro, di nuovo assalito dalle preghiere dell'Acciaiuoli, sarà stato lì lì per partire, ma dalla folle impresa l'avrà distolto, mentre n'era tempo ancora, quell'amico Bainone, il quale, sdegnato contro il gran siniscalco, si allontanava dalla corte napoletana. Il Boccaccio allora, sbigottito al solo pensiero dei pericoli ai quali stava per esporsi, si rappresentò sotto il nome di Fizia, uomo ingenuo, non pratico delle corti, e che colla sua inesperienza va incontro ad amare delusioni ».
Il fatto è che, pur dando libero corso al suo malumore, il Boccaccio, nella lettera del 1353 a Za-nobi, non disse « un mondo di male » del suo potente amico ; ne parlò con ogni rispetto. Ed è un fatto altresì che, nell'egloga, non si restrinse a rappresentare se stesso al modo che dice l'Hauvette; si fece raccontare dall'amico Damone la lunga e poco edificante storia dell'Acciaiuoli, glielo fece proclamare ribaldo di tre cotte : fur Midas igitur, moeclius, scelerumque satelles.
ed esserci uno scambio di lettere fra i due su questo proposito ». Traversar^ Le Lettere, 33. Negli anni clie Zannili fu a Napoli presso la corte, non vi fu il Boccaccio; a Firenze, l'Acciaiuoli capitò due anni dopo che il Boccaccio aveva scritto a Zanobi. Si deve necessariamente risalire al 1341-42, quando l'Acciaiuoli stette in Firenze parecchi mesi (Tanfani, 47-48). Nel gennaio del 1348 quando l'Acciaiuo:i condusse Luigi di Taranto a Volterra, e di lì si spinse Ano alla Certosa (M. di C. Stefani, Delizie, XIII, 141) il Boccaccio era in Romagna.