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alla stessa maniera di Testili, rappresenta la patria di Panfdo, lo Zumbini domandò: «Sarebbe dunque proprio strano il sospetto che un personaggio della stessa natura possa nascondersi in Testili?». Tut-t'altro! E il Chronicon Estense ci fa intendere che Testili rappresenta Forlì, presaga di ciò, che veramente le accadde durante l'assenza di Cecco ('). Ella dice di temere gli Allobrogi; Astorgio di Durfort governava la Romagna per il papa, che risiedeva ad Avignone.
Iustissima arma quelle del re d'Ungheria, scriveva il Boccaccio, da Forlì, a Zanobi; nell'egloga III, parecchio tempo dopo, non disapprovò che, partitosi da' suoi paesi, Titiro fosse disceso a divellere l'infame selva napoletana, a cercar di prendervi la lupa e i biondi leoni,
ut poenas tribuat mentis, nain frater Alexis
Tityrus iste fuit.
Sinanche da Darò, da Luigi di Taranto, nell' e-gloga IV, fa dire che Polifemo fu iusta rabie suc-census et ira. Qual maraviglia? Un così orribile delitto non doveva restare impunito. Al tempo del Boccaccio, come al tempo di Dante, era sacro il dovere della vendetta. Più di tutti s'era mostrato infiammato alla vendetta, e aveva sollecitato Ludovico a venire, il duca di Durazzo, quegli, che, nove anni
Obizo direxit nuntium simili Francisco de Ordelnflìs quod incontinenti ireguam pelerei eiim inimicis sui» et rihi dari awtilium. qui sic fecit ini-m»dia>e, et gentes suas duxit in auxilio domini marchionis».
(!) Che Testili rappresenti Forlì era stato benissimo veduto dal Carrara, Cecco da ìlileto e il Boccaccio, nel Giorn. $tor., XLIII, 15. al quale non rincrescerà trovar qui aloune notizie, che confermano la sua interpretazione.