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soggetto a Dione, e riluttante a lasciare il certo per l'incerto, a sciogliersi dalla dolce prigionia:
quis grata Dijonis basia et amplexus ac dulces reprobet ignes?
Gli argomenti sussidiari, raccolti dall'Hauvette a conferma della sua tesi, non mi sembrano conclusivi. Nelle rime del Boccaccio, indicò molti componimenti « che esprimono sentimenti di rimorso, risoluzioni di non amar più per convertirsi a una vita più degna e più cristiana »; ma egli stesso riconobbe che non ve n'è alcuno, che paia riferirsi, con qualche veri-simiglianza, alla vedova del Corbaccio » ('). E allora? Gito la lettera Ex multi» epistolis, nella quale il Petrarca espresse maraviglia, sdegno e dolore per « l'inquietezza d'animo » dell'amico; ma essa fu scritta il 20 dicembre 1355, molti mesi dopo che questi ebbe « riacquistato la libertà », in risposta a lettere di lui ricevute dal Petrarca « in quei giorni », e lascia chiaramente intendere che l'inquietezza non era punto cagionata da rimorsi, da scrupoli religiosi, da desiderio di cambiar vita.
E qual può mai cosa far vacillare una mente di tanti studi nutrita, e dalla natura insieme e dall'arte posata sopra saldissime fondamenta? Ho conosciuto qual sia la tua Siracusa, ed ho fatto ragione di Dionigi (2). Ma che perciò? Sia
(') Però, nelle note, ne indicò due, il sonetto LXIV, « nel quale il Boccaccio parla de' suoi capelli grigi, e nel (nulle i due terzetti s'accordano perfettamente con le idee espresse nel Corbaccio », e il LXXVI. < nel quale si ritrova quel scutimeuto di dignità offesa, che è così notevole nel Corbaccio ». Une cmfetsion, 13, n. 7 e 11.
(2) Così il Fraeassetti; il testo dice: « Legi Syracusas tuae et l)io-nysinm intellexi ». L'Hauvctto commentò: « Si pensa abbastanza natu-ralmente'a qualche componimento allegorico in cui il Boccaccio avrebbe