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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   - 112 —
   caccio vi si arrese, affranto dalla paura; mp egli aveva ricevuto altri avvertimenti ancora: le punture dell'amor proprio, le umiliazioni, le ingiurie che s'attirava la sua condotta inconsiderata, ed a quelli egli rispondeva con la collera, una collera in fondo alla quale brontola un profondo malcontento di sè stesso.
   Ben detto! Ma io spero che il futuro biografò del Boccaccio non si lasci abbagliare dalle grazie della forma, come ha fatto l'Hutten, così da accettare senza benefizio d'inventario tutto quanto dice l'Hauvette. Quali sono i numerosi episodi, che segnarono una lunga crisi morale? Uno' solo ne conosce l'acuto critico, eppure, abbandonandosi alle ali dell'imaginazione, ci parla con piena sicurezza di punture, di umiliazioni, di ingiurie, come se il Boccaccio non avesse fatto altro tutt'il giorno, per. una diecina d'anni, che correr appresso ad ogni gonnella per le vie di Firenze, raccattando ripulse e beffe; e proprio nel periodo, nel quale attendeva agli studi più seri, e i suoi concittadini gli affidavano gravi incarichi. Gli avvertimenti del Petrarca qual frutto sortirono? Lo dica il Boccaccio: « amores meos, etsi non piene, satis tamen vertit in melius » (L). Le « conseguenze immediate » del disappunto, che gli toccò per colpa, se colpa fu, della vedova, furono — se dobbiamo prestar fede, e non possiamo non prestarla, all'unico documento sicuro ed eloquente, che ci sia pervenuto, al Corbaceio — un profondo dispetto, un prepotente desiderio di vendicarsi, e il proponimento, non già di cambiar vita, non già di darsi alle pratiche devote, e nemmeno di rinunziare oramai alle donne e all'amore — a soli quaranta-
   (') Lettera a Ira Martino ila Sigila.