siede nel cervello, e che il corvo gli toglie la vista ('). Or, la prima delle due cose, che « quasi ad estrema disperazione aveano condotto » il Boccaccio, « fu il ravvedersi che là, dov'egli alcun sentimento aver credeva, quasi una bestia senza intelletto s'avvide che era ». L'altra cosa fu il modo tenuto dalla vedova « in far palese ad altrui che egli di lei fosse innamorato »; ed anche per questo rispetto bene le converrebbe il soprannome. Il corvo è uccello di gran voce ed aspra, e — riferisce altrove il Boccaccio — la sa mutare, nientemeno, in sessantaquattro modi (2).
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Alle volte la critica si persuade di avere scoperto delle verità, che, a guardarci meglio, hanno tanto di barba. A un certo punto dell'invettiva, il Boccaccio si fa, dall'ombra del marito della vedova, rimproverare d'essersi messo a fare il cascamorto, quando eran già passati quarant anni da che era uscito dalle fasce. Il Della Torre (s) osservò che il bambino non si teneva, nè si tiene in fasce più di un anno: « quindi, aggiungendo 40 a 1 abbiamo che il Boccaccio scrisse il Corbaccio a 41 anno, ossia nel 1854 ». Sarebbe stato più esatto dire: il Boccaccio ebbe il sogno, che narrò poi nel libretto, a 41 anno, giacché se avverte, al principio del triste racconto, che non erano « molti mesi passati » da quando aveva patito l'offesa e le betfe; verso la line, assicura all'in-
I1) Le bestiaire d'amour: Pnris, Aubry, 1*2, 18. f>5. (s) I)e Oeneul. IV, 88: « Ut dicit Fulgentius, solus inter avcs knbet LXIV vocis mutfttiones ».
(8) La giovinezza, 185 sgg.