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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   La data del 1340, che, fidandosi dell'infido Mi-nieri-Riccio, il Della Torre aveva trovata, lo mise in un certo imbarazzo. Mentre i suoi calcoli l'avevan condotto a conchiudere che il Boccaccio avesse interrotto gli studi del diritto canonico nel 1335, la lettera glielo mostrava ancora intento ad essi, quantunque di mala voglia, cinque anni più tardi ('). Dovette, perciò, appigliarsi alla ipotesi che, dopo la non breve interruzione, il Boccaccio vi si fosse rimesso per consiglio del padre Dionigi (2). Sennonché, nè della supposta interruzione, nè della supposta ripresa, non riuscì a scoprire nessuna prova. Betti-ficata, ora, la data della lettera, essa torna ad accordarsi mirabilmente con le altre notizie, che le Genealogie ed il Filocolo ci forniscono. I «sei anni circa», perduti nell'inutile studio delle pontificum sanctiones (s), ci fanno risalire dal 1339 al 1333, all'anno dell'innamoramento. V'ha di più: quando, per soddisfare il desiderio espressogli da Maria, pochi giorni dopo il sabato santo del loro primo incontro, egli prese la penna per mettere in iscritto la bella storia di Florio e Biancofiore, invocò l'aiuto del donatore di tutt'i beni così: — Ti supplico «che a me, il quale ora nelle sante leggi de' tuoi successori spendo il tempo mio, tu sostenga la non forte mano alla
   latorum comitum baronum et aliaruin plurium notabiliuaa personaram ».
   I Pipino la ruppero. Allora (30 gennaio 1341) il re li citò alla sua presenza, e (4 febbraio) mandò contro di essi il conte di Mileto e Raimondo del Balzo con pieni poteri. V. i documenti nell'appendice.
   (!) « Cnm inihi nullum solatimn remanserit amplius nisi, visis meis decretalium lectionibus, me ab eis quasi fastiditus extollens, alios quererc libros».
   (2) Pp. 259, 326.
   (3) De Geneaì. XV, 10.