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Per la biografia di Giovanni Boccaccio
Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432 |
Digitalizzazione OCR e Pubblicazione a cura di Federico Adamoli
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Avrei potuto citare a sostegno della mia opinione anche la lettera Mavortis miles, nella quale il Boccaccio racconta di essersi innamorato di una donna maravigliosamente hella, di averne ottenuto la grazia e di esserle d'un tratto, ma ingiustamente, divenuto odioso; non l'ho fatto, perchè quella lettera mi pare un' esercitazione scolastica priva di valore storico. La donna, dice, gli apparve sul far dell'alba, mentre egli passava vicino alla tomba di Virgilio. Non sarà stata, certo, una lavandaia di Mergellina ; ma, a quell'ora, le signore napoletane non solevano, nè sogliono andarsene sole sole lungo la riva del mare, nemmeno per bagnarsi ; a quel tempo, come il Boccaccio stesso attesta, il luogo era tutto campagna abitata da poveri contadini. Maria, sappiamo bene dove e quando egli la vide la prima volta. La donna gli lu liberale de' suoi favori brevissimo tempo, per tempuscidum; Maria, se prestiamo fede a' biografi recenti, gli appartenne dal novembre del 1336 al 1339, circa tre anni. Ma c' è di meglio. Nella lettera, egli si dipinge caduto all'imo d'ogni malore, disperato, in atto d'invocare la morte pietosa; ma immediatamente e, diciamolo pure, inverisimilmente acquetato e consolato da' discorsi, benché molto prolissi, e dal consiglio, benché insulso ('), di un amico. Certo, la
(!) Ripeto, insulso — quel'o di confidare per lettera le sue pene a un valorosissimo giovine, a un'arca di scienza, ohe dimora in Avignone, © sperare dalla risposta di lui la fine dp' suoi patimenti.

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