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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   tuosa, che si serviva dei suoi amanti, e dopo aver soddisfatto con essi la propria lussuria, li buttava in un canto come cocci rotti ed ormai inservibili? (') » Supponiamo per un momento che nessuno fosse stato partecipe del suo segreto, che nessuno l'avesse potuto indovinare leggendo i suoi libri ; non sapeva egli la verità? Non aveva egli raccontato per filo e per segno le malefatte di Alleiram? E niente gli disse la coscienza, quando tentò di farla apparire degna di uno scanno nell'Empireo? Non arrossì quando osò, nientemeno, pregare Dante, l'austero Dante, di farsi intercessore per lui presso di lei (2) nel terzo cielo? Non si vergognò di scrivere che il suo venerato amico e precettore Francesco Petrarca era salito dove ella sedeva (3), di scriverlo — si
   (!) Della Torre, 188-192.
   (2) Sonetto LX:
   lo so che intra l'animo più liete
   del terzo ciel la mia Fiammetta vede l'affanno mio dopo la sua partita; pregala, se '1 gustar dolce di Lete
   non la m'ha tolta, in luogo di mercede, a sè m'impetri tosto la salita.
   Il Manicarci e il Massèra, 49, contano undici sonetti del Boccaccio in morte di Fiammetta, comprendendo nel numero i sonetti XIX e LVIII, pe' quali essi sies-i hanno qualche dubbio, e che a me non paiono appartane ili a questo gruppo.
   (8) Sonetto XCVII:
   Or sci salito, caro signor mio,
   nel regno al qual salire ancora aspetta ogn'aniuia da Dio a quello eletta, nel suo paitir di questo mondo rio; or se' colà, dove spesso il desio ti tire» già per veder Laurett» ; or sei dove iii mia bella Fiammetta siede oou loi nel cospetto di Dio,