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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 73 -
   impedisce di comprendere i due sonetti tra le rime composte per Fiammetta.
   L'impeto di sdegno, con cui la dolorosa egloga si chiude, l'ardore, con cui Damone brama di poter un giorno vendicarsi di Galla spregiandola e beffandola, confermano l'identità di Galla e di Alleiram; giacché, non mi pare dubbio, introducendola nel Filocolo a parlare di sè come parla, rappresentandola in mezzo a una folla innumerevole di corteggiatori, de' quali sceglie or l'uno or l'altro a soddisfar la sua libidine, il Boccaccio volle vendicarsi di lei. E chi sa non contenga l'indicazione del rivale, che gliela tolse, l'allegoria del « gran mastino », che Florio vide « delle montagne vicine a Pompeano le varsi, e correre in quel luogo, e fra tutti gli uccelli ficcatosi, con rabbiosa fame il capo della fagiana prendere, e quel divorato, per forza l'altro busto trarre dagli artigli di Niso? » Dalle montagne di Sarno o di Nocera? Una ragione ci dev'essere perchè, tra tanti bipedi piumati ('), proprio di lì si avanzi, e riporti la non difficile vittoria, un mastino. Suppongo sotto questa allegoria si celi un cognome, oppure uno stemma.
   Se Alleiram, se la fagiana non è Fiammetta, buona parte del romanzo ingegnosamente architettato dal nostro Della Torre, e sommariamente riprodotto dall'Hutten, crolla dalla base. Anche parec-
   dosi i due sonetti come due gocce d'acqua, dovrebbero ritenersi composti in due periodi lontani dell'amore; in quel'o « de' lamenti e dolori per la crudeltà di Madonna », l'LXXXIl, in quello del « dolore e dispe-raz;one pe'1 tradimento», il XXXVII.
   (!) Fra gli altri, « assai virino di quel luogo onde s'era levata la fagiana, quell'uccello che a guardia dell'armata Minerva si pone. »