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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   - «8 -
   quale mai aver non potei, non essendo ancora il termine di dover finire venuto; il quale volendolo, come Dido fece o Bi-blide, in me recare, e già levato in pie, da questo prato, ore.
   Dal canto suo, Alleiram ricorda che, ributtato da lei, la letizia d'Idalagos si rivolse in pianto.
   E brevemente egli in poco tempo di tanta pietà il suo viso dipinse, che egli in compassione di sè moveva i più ignoti. Egli mi si mostrava, e con preghi e con lagrime, tanto umile quanto più poteva, la mia grazia ricercando, la quale acciocché io glie le rendessi, Venere più volte s'affaticò pregandomi, e talora spaventandomi e in sonni e in vigilie. Ma ciò non mi potè mai muovere.
   Ognun vede che non v'è divario tra Abrotonia ed Alleiram ; anzi, chi ponga mente alla somiglianza, che talora è identità, di certe espressioni, conchiuderà con me che, nel breve episodio dell'olmeto, l'autore volle riassumere, condensare la più ampia e più prolissa narrazione del Filocolo, poco felicemente inquadrata in una cornice allegorica e mitologica, Mancano, si dirà, due particolari molto importanti: Galeone non rivela a Fiammetta, nell'olmeto, che, nel cuore di Abrotonia, era stato soppiantato da un altro amante; non ripete il racconto d'Idalagos, il quale, « occulto peregrino d'amore, in modo incredibile cercò quello che Alleiram poi gli donò, e ultimamente divenuto d'ardire più copioso che alcun altro che mai 1' amasse, s'ingegnò di prendere, e prese quello che ella con sembianti gli voleva negare ». Ma — pure costringendo a tacere le ragioni dell'arte, pure non volendo riflettere che il Boccaccio potè desiderare che il secondo racconto degli stessi fatti fosse alquanto diverso dal primo, e più breve — facilmente si comprendono queste due omissioni.