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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   partì da Napoli « colla morte nel cuore » (') e, per lungo tempo ancora dopo il suo ritorno a Firenze,
   Maria « rimase la stella polare della sua vita »
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   * *
   E allora, mi si può obbiettare, come spieghi tu l'epilogo della storia di Galeone, che tanto somiglia alla storia vera delle relazioni di Boccaccio con Maria ? Potrei restringermi a rispondere che si tratta di una invenzione da romanziere, come tante altre, con le quali egli sovraccaricò la trama semplice e schietta del primitivo racconto; invenzione, che gli doveva offrire il pretesto di raccontare a modo suo l'origine di Gertaldo. Potrei aggiungere che la tendenza a vedere Giovanni e Maria dovunque appariscano insieme un uomo e una donna, ricorda un po' troppo la smania di que' mitografi o mitologi, che, per servirmi della felice imagine del Bajna, scoprivano un mito solare ogni volta che vedevano un gatto rincorrere un topo. Idalagos è il Boccaccio, Caleone è il Boccaccio: sta bene; ma e Fileno, e Clonico, e il singolare amico di Glonico, e, in certi momenti, Florio — sono lui, solo lui, sempre lui? Non gli bastava di essere anche Troilo nel Filostrato, Arcita nella Teseide, dato che avesse finito e presentato a Maria, prima del Filocolo, i due poemi? Oh! non pensò mai, mentre così spesso e così petulantemente si specchiava nello specchio del suo romanzo, che ella potesse stancarsi di vederselo comparire innanzi, in vesti mutate, quasi a ogni pagina,
   (') Della Tobre, La giovinezza, 348. Hutten, 62.