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Per la biografia di Giovanni Boccaccio

Francesco Torraca
Società Editrice Dante Alighieri, 1912, pagine 432

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   — 55 —
   vuol sentire accenti sinceramente dolorosi, commo venti, legga le lettere premesse al Filostrato e alla Teseide.
   Florio mena con sè Galeone, non renitente, in Toscana, e gli concede il dominio della nuova città di Galocipe, da lui fondata, dicendogli:
   Giovane, tu. secondo il tuo parlare, ami crudelissima donna senza essere da lei amato; e se io ho bene le tue parole per addietro notate, siccome già ti fu caro l'essere subbietto ad amore, così ora carissimo partirti da lui del tutto ti saria: la qual cosa a fare ottimo ufficio ti ho trovato, quando ti piaccia.... Se tu il vuogli prendere, la sollecitudine tua converrà essere molta, e in molte cose e diverse, le quali avendo, la vaga anima per forza abbandonerà gli amorosi pensieri, e quelli abbandonando metterà in dimenticanza, e dimenticati, potrai dire te esser della infermità che sostieni liberato, e fuori delle mani della crudel donna.
   Galeone, « udendo il savio consiglio », accetta l'alto uffizio, conoscendolo « ottimo rimedio alla sua infermità ».
   Se tutto questo adombrasse l'abbandono di Maria e la partenza di Giovanni da Napoli, li adombrerebbe in modo non conforme al vero, e non per la ragione — che potrebbe parer puerile — che egli, da Napoli, tornò a Firenze, non a Gertaldo, e in Cer-taldo non sostenne uffizi pubblici; ma perchè, da tutto questo, vien fuori la figura di un amante facilmente rassegnato alla perdita della donna adorata, desideroso di consolarsi attendendo ad altre cure, pronto a cogliere la prima occasione, che gli si offra, di scacciar chiodo con chiodo. Il vero, ci affermano i biografi, è che egli, Giovanni, era « disperato » ('),
   (!) Crf.scini, Contributo, 83.