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Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Settimo
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1844, pagine 522

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a cura di Federico Adamoli

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   ANNALI
   comporre,del colorare, con profìtto mirabilissimo.— £ dica pure chi il voglia che Lorenzo Costa si so-scrivesse scolaro del Francia ; nessuno per certo che abbia polpa di cervello potrà crederlo alla cieca ; perchè il Ferrarese si diceva per isti ma discepolo del patriarca bolognese, come io mi dico per orgoglio alunno del Farini e del Marchetti ; nè fui per certo: oltre di che da loro a me corre distanza più che dal Francia al Costa, dal Galileo al Viviani : studiosi i discepoli, ma lontani dai maestri le mille miglia, t- Or ritorniamo a Lorenzo Costa. Questi, che non battendo di cesello, applicò sempre alla pittura, venne in Bologna che il Raibolini orefice non forse ancora dipingeva ; e, dopo aver pennel-leggiate le due pareti della Cappella Bentivolesca, veduto il fare del Raibolini, nuovo nel colore, vecchio nell' inventare e nel disegno, a lui collegossi fedelmente; ed ecco fama di tradizione, non già di severa critica, che a lui si fosse sobbarcato pedissequo. Per lui, è vero, dipinse un peduocio sotto nna tavola nella Chiesa suburbana della Misericordia; ma non è il Francia che dirige, è il Costa che lavora. Per influenza forse del Francia, dipinse il gran quadro all' aitar maggiore in san Giovanni in Monte, e quello all' altare del Sacramento. In san Petronio adornò a tempera la Cappella Marsigli Du-glioli, e ad olio la tavola della Cappella Baciocchi, dove figurò sant'Anna in trono coli' eletta figbolina (non già la Vergine col Divo Infante, come riferiscono le antiche Guide della città): le quali opere varie furono condotte dal 1492 al 97, e mostrano in generale ben altro stile che di Francesco. — In santa Cecilia, più volte accennata, in san Martino forse, in san Giacomo, e in altri luoghi sacri e profani , ( frai quali basta il palazzino della Viola di Annibale II. Bentivoglio) lavorò il Costa sino nel-l'anno i5ii, o in quel torno. Dopo la quale data cronologica pare indubitabile che, salutato il contemporaneo suo, per cui amore si disse infino bolognese, andasse a Mantova colla propria famiglia,
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