Stai consultando: 'Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796 Tomo Quinto', Salvatore Muzzi

   

Pagina (494/606)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (494/606)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Quinto
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1844, pagine 607

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   44*
   ANNALI
   volge il pensiero al popolo, ma sempre di Ini sollecito ne procaccia lavoro ed allegrezza colla sontuosità dei conviti e delle nozze, colla splendidezza de'frequenti tornei, colla magnificenza delle feste, colla nuovità degli spettacoli, e de' gimnici ludi. E come quei tempi erano funestati da spesse guerre sì eh' avevavi d' uopo d' armi e di difesa a mantenersi in pace; Giovanni colle parentele e colle alleanze si fa possente, addiviene fra i guerrieri di que'giorni uno de'più sperti nel campeggiare, nel* l'ordinare od attaccare un esercito, neli'oppugnar le città; uno de'più sofferenti nell'asprezza de'rigorosi verni: il perchè fu preso a capitano da molti poderosi principi d'Italia. Poi guernisce Bologna di munimenti, ne ripara la muraglia, ne ristaura le porte, ne scava le fòsse. Alle castella del contado aggiunge fortificazioni ; alla città, con artiglierie espressamente fuse, con togliere a soldo milizie, accresce le difese. Così afforzatala egli soventemente giova ai federati, agli amici con numerose schiere, la mantiene illesa con una saggia neutralità armata quando le vicine città sono messe sossopra dall' esercito di Carlo VIII. A questi vieta il passo quando torna di là dalle Alpi : due volte salva la patria dagli artigli feroci del potente Valentino, due volte soffoca interne sedizioni , ed allontana la peggior di ogni peste, la discordia civile. E se alcuna crudeltà contaminò quella giusta vendetta, ei ne fu puro; chè anzi i suoi contemporanei ne lodarono in ciò la clemenza e la mansuetudine. Ma si fosse pur anche per un istante spogliato di così belle virtù, precipuo ornamento d' un principe ; avesse severamente operato , nondimeno parmi sarebbe da non affatto biasimare. Saggiamente sotto il velo della favola ci ammaestraron gli antichi che non bastò all' eroe Tebano la impareggiabil sua vigoria ad abbattere il mostro che devastava i campi lernei, ma il ferro usar gli fu d'uopo, e col ferro il fuoco. Nè idra peggiore o più devastatrice havvi, di quelli che per iabramare le loro cupidità tentano sconvolgere