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stu di farsi grande, e primeggiar nella patria. Al qual fine tanto si adoperò con denaro , con promesse, con ' blandimenti, che ottenne di far rinno-vàre il Senato ; e Vide » sediei nuovi Riformatori, quattro per Tribù, quasi tutti del partito di lui. 1 quali entrati in officio, ed agevolmente inchinando a'suoi mezzi i più acconci, sbandirono con pubblico decreto Matteo, Battista e Baldassarre o Baldisserra Canetoli ; lasciando che altri gridasse con tra l'ingiustizia della legge, che altri la vedesse e la pubblicasse improvvida cosa, che altri preconizzasse da ciò l'orgoglio prepotente in oho Terrebbe Anton Galeazzo, e pel quale nella tristizia de'tempi e nella propria condizione, dovrebbe in brev' ora abbandonare quant' ebbe acquistato senza vantaggio di nessuno.
I Canetoli, che stavano allora in Firenao, vennero avvisati per lettere di tutto ciò che il Bentivoglio operava con moltissimo imperio. Ed eglino mostraron le lettere a Papa Martino, cui dolse moltissimo che i Bolognesi facessero sà poca stima dello grazie concedute loro, da ribellarsi alla Chiesa, che tanto amavali, e ridursi a stato di servitù sotto d'un loro potente, d'un loro Signore. Poi risoluto di vedere a che fosse per riuscire il nuovo stato di Felsina, determinò di muoverle guerra; sollecitato molto a ciò fare dai fuorusciti Canetoli. Il perchè s'aoconciò dapprima con Braccio da Montone o del Montone, che teneva la Città d'Orvieto: e poiché si fu accordato con esso lui, pensò al conquisto di Bologna. Al qual fine spedì quivi per ambasciatori un Arcivescovo ed un Abate , i quali chiesero si radunssse il Consiglio de'Seicento, in faccia di 'cui 1' Arcivescovo espose : „ Che volesser riconoscere i benefizi ricevuti dal Papa, e l'amor paterno col quale amava la Città , e volessero come figliuoli ritornare al benigno grembo di Santa Madre Chiesa , ed ubbidire alla volontà del Pastore, disponendosi di rendergli il dominio della Città siccome gli antecessori loro avevan fatto, così a Nicolò III.
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