Stai consultando: 'Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796 Tomo Secondo', Salvatore Muzzi

   

Pagina (69/636)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (69/636)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796
Tomo Secondo
Salvatore Muzzi
Tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1840, pagine 639

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Bolognesi e9
   de'Posteri. D'esso e d'Adelasia sua moglie tre sole figlie sopravvangarono ; Elena, Maddalena e Gostanza. Nel Regno suo di Sardegna e nelle Castella che possedeva per lo Lunigiano ed altrove, scrisse eredi Enrico ed Ugolino nati dalla prima e da Guelfo Conte, figlio d'Ugolino Conte di Donoratico. All'altre , tuttora nubili, assegnò in dono once mille d'oro per ciascnna, e due mila lire di Bolognini ad una sorella detta Caterina da Marano, figliuola anch'essa di Federigo. Della Contea di Molise dispose a prò di Gerardo, figlio di Gerardo d'Antiochia, e le sue ragioni sulla Sicilia, sulla Svevia, sul Regno d'Arli, e le dignità e i diritti che ap-partenevangli in tutto quanto l'impero trasferì in Alfonso re di Castiglia, ed in Federigo Langravio di Turingia. Tra'famigliari ed amorevoli, ch'egli il re non volle dimenticati, Guglielmino da san Giorgio e Jacopo Abati eran creditori di somme fornitegli in diversi tempi a sollievo della domestica augustia. Ad essi» ove non venissero soddisfatti nel lasso di mesi sei, volle devoluta l'eredità de'nipoti. Trascurati in fatti al di là del termine stabilito , la reclamarono. Ma temendo il Langravio, che le costoro pretensioni trasferite al Siculo, o ad alcun potente Comune, fosser col tempo moleste alla sua famiglia, compose e li soddisfece (26 Decembre). Alla moglie, nel suo testamento, nulla nulla assegnò: e ben l'avea ella meritato, giacché nel tempo della lunga cattività abbandonollo a strettezza e povertà di vivere, e mostrò pienamente dimenticarlo.
   Morto Enzio, gli venne posto dal Comune un Monumento, o a dir meglio un Cenotafio nell'antico tempio di san Domenico, a perpetua memoria della cosa. Ivi miravasi una lapide ben grande, incisa a romani caratteri, (forse soltanto nel i586, per quanto pare dallo stile ) circondata da cornice, sopra la quale posavano due leoni, che tenevano uno scudo collo stemma di Felsina ; e in mezzo, entro piccola nicchia, era una statuetta coronata,