Le lettere raccontano... (epistolario di famiglia)

Ritorno agli studi (1966)




Italia Adamoli (1917-1977)




        Tra i ricordi più particolari che conservo delle vacanze estive trascorse durante l'infanzia a Silvi, indelebile è l'immagine della zia Italia intenta a trascorrere ore ed ore nella soffitta di casa a studiare. Lo slancio vitale, l'irresistibile impulso di trascorrere le giornate all'aria aperta, così tipici in un fanciullo, non potevano non rimanere colpiti di fronte al distacco da qualsiasi mondanità tipicamente estiva della zia Italia, che rifuggiva completamente persino dal frequentare la spiaggia; nubile, maestra elementare, terziaria francescana, ella aveva nella riservatezza, in una smisurata modestia (che talvolta si spingeva sino all'auto-commiserazione) il suo più tipico tratto caratteriale.
        Alle soglie dei cinquant'anni, forse alla ricerca di nuove motivazioni, la zia Italia decise di riprendere a studiare, iscrivendosi alla Scuola Superiore di Studi Sociali di Urbino (1).
        Una parte cospicua del soggiorno estivo silvarolo passato insieme alle sorelle Concetta e Fernanda veniva da lei dedicato non solo allo studio delle materie, ma pure alla frequenza dei corsi ad Urbino, dove Italia trova la sistemazione più adeguata presso il pensionato delle Suore Pie Venerine. La partenza per l'Umbria dovette causare evidentemente anche qualche malumore tra le tre sorelle nubili, poiché nell'agosto del 1966 Italia scriveva così a Concetta: “Non credere che io sia venuta ad Urbino per allontanarmi da casa. Non è vero affatto. Anzi non vedo l'ora di tornare. L'ho fatto solo per soddisfare a qualcosa che è rimasto insoddisfatto in me, ma che si conclude sempre con delusioni su delusioni”.
        Poco abituata a viaggiare, ad Italia l'impatto con la confusione della stazione ferroviaria animata dai tanti italiani in viaggio per le vacanze di agosto crea più di un'apprensione; prendere le valigie per salire e scendere dalla carrozza per lei “resta sempre il problema più difficile!”. Nel viaggio però trova la sua protettrice in una signorina milanese che torna dalla villeggiatura trascorsa nella vicino Pineto: “Era una signorina in minigonna e con la sigaretta in bocca, però non si può sempre giudicare dall'apparenza. Mentre dall'aspetto sembrava un tipo superficiale fu invece piena di premure. Si preoccupò di prendermi le valigie all'arrivo a Pesaro. Insomma ebbi un vero angelo custode accanto. Parlando mi aveva detto che era stata a San Gabriele e quando c'è la fede c'è un'altra spiritualità”.
        Ad Urbino l'impatto con il mondo degli studi le fa riscoprire antiche sensazioni e confessa candidamente di sembrarle di “essere tornata, nella beata illusione, un po' indietro negli anni”; si confronta con ragazze più giovani di lei che giungono da ogni parte d'Italia, sposate e non sposate, e “qualcuna anche con un rampolletto dietro”. L'entusiasmo per la nuova esperienza si scontra però con la smarrita attitudine mentale allo studio, che affronta in un caldo asfissiante “tra arrugginamenti cerebrali”, e momenti di vero sconforto, perché “lo studio non mi rende niente”: “Mi sento veramente disperata se si pensa allo stato di deficienza d'alto grado in cui mi trovo, perché di quello che leggo non ricordo mezza parola. Oggi non ho aperto libro. Pensate che debbo fare anche una prova di disegno completata da parole o frasi scritte con l'alfabeto mobile di quel mattacchione del Direttore: è un metodo inventato da lui (e che non serve a niente) e ci tiene molto. Io tra l'altro ho lasciato la scatola a casa perché credevo che non mi servisse. Sto andando avanti con la massima incoscienza. Non so poi perché quello che a me sembra tanto difficile, gli altri lo fanno con tanta facilità. In tutti i modi per non pensarci oggi ho fatto un bel bagno con la doccia d'acqua calda e una parvenza di bucato”.
        I corsi estivi si concludono con la preparazione di una tesina e lo svolgimento degli esami in programma: “La tesina sarebbe da rifare, ma ormai non so più dove mettere le mani e perciò come... si conclude, si conclude. All'infuori della prima prima parte che mi hai corretto tu Concettina, il resto è una vera schifezza. Neanche ora sono entrata in vero argomento perché si trattava di parlare di un bimbo anormale e di quello che la maestra ha fatto nei suoi confronti per migliorarlo, l'esito ottenuto con relativi problemi didattici. Tutti hanno presentato lavori ben fatti con disegni e illustrazioni. Io mi sono decisa a consegnarla ieri alle 7 meno un quarto perché alle 7 scadeva il termine di presentazione e non potevo indugiare ancora. Sono stata fino a ieri a rifarla. La sera scrivevo, la mattina appallottolavo quello che avevo scritto, ma arrivato il termine della scadenza mi son dovuta decidere a presentare”.
        Non conosco quale fu l'esito di questa avventura studentesca della zia Italia, che sicuramente portò avanti per diversi anni; so solamente che qualche mese dopo la sua morte, avvenuta nell'aprile del 1977, ricevette dall'Università di Urbino la qualifica di assistente sociale “alla memoria”. (Federico Adamoli)

(1) Fondata presso l'Università degli Studi di Urbino con nota ministeriale n. 3377 del 7 giugno 1952, trattasi della “Scuola Superiore di Studi Sociali per l'assistenza sociale e la dirigenza sociale della città-studio di Urbino”. ß




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