Giuseppe Di Febo
Psicopedagogia dell'umorismo


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     Inoltre, la comprensione di una facezia o di un motto di spirito esige capacità di ricerca di indizi logici e l'interpretazione di segnali comunicativi, il che produce una sorta di piacere intellettuale che esalta i poteri della mente. Lo dimostra lo stato di frustrazione e disagio che coglie certi interlocutori di fronte alla facezia raccontata e non capita; al punto che vi sono falsi recettori di barzellette che ne fingono la comprensione per non mettere a nudo la propria carenza mentale.
     Umoristico è lo stile, l'impianto narrativo, la scelta del contrasto: non fra i libri e la realtà, ma fra due descrizioni false della realtà, quella che stupidamente propone, o almeno proponeva, certa letteratura moraleggiante prodotta dalle persone "molto per bene", e quella volutamente deformata sino a farne uno strumento di satira, appena cattiva rispetto alle esigenze dell'umorismo, come ne abbiamo parlato fino ad ora. Il lettore percepisce chiaramente che ciò che gli viene chiesto non è di aderire senza condizioni alle tesi presentate dallo scrittore, ma di stare ad un gioco che gli viene proposto.

Capitolo Secondo. Umorismo e Pedagogia

     Umorismo e pedagogia sembrerebbero due termini antitetici data la tradizionale immagine della scuola. Sembrerebbe cioè che nella scuola, intesa come sede di culto dei valori o come laboratorio di prodotti culturali, non ci sia lo spazio per l'umorismo. Eppure, che nella scuola si trovi spesso l'occasione per ridere è cosa risaputa. Il demone del riso è sempre stato capace di beffarde incursioni anche negli ambienti più seri. Oggi, poi, la disincantata cultura moderna più che mai lo concede.