Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Eredità nell'URSS (1953)

Sono un impiegato. Un mio collega mi ha fatto leggere una sua «lettera» nella quale è affermato che il cittadino sovietico può anche essere proprietario della casa in cui vive. Si possono avere altre proprietà e sono trasmissibili queste proprietà ai figli? Vorrei sapere in senso più generale se esiste nell'URSS il diritto ereditario. (Francesco Lalli)

           E' luogo comune della propaganda alimentata dai capitalisti che socialismo significa abolizione di tutte le forme di proprietà individuali. Socialismo significa invece l'abolizione della proprietà privata degli strumenti e dei mezzi di produzione che nel regime capitalistico generano lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Socialismo significa la conquista di tutto un popolo delle fabbriche, delle miniere, degli impianti industriali, delle imprese commerciali e di trasporti, delle banche, ossia la conquista di tutti i beni destinati alla produzione di altri beni.
           Entro questa grande struttura della proprietà sociale trova posto la proprietà personale dei beni di consumo per la quale non v'è alcun limite e che è trasmissibile per via ereditaria.
           Ho già avuto occasione di ricordare che oggi il più modesto lavoratore sovietico è in grado di acquistare beni non di prima necessità. E' evidente patrimonio individuale, frutto di un onesto lavoro, è espressione della capacità del cittadino e non della sua disonestà sociale — secondo il costume del mondo capitalistico — e non viene distrutto e disperso con la morte del proprietario.
           La proprietà individuale assume le forme più diverse: le case di abitazione, il pezzo di terra che circonda la fattoria del colcosiano, l'automobile, i titoli di prestito pubblici, i libretti a deposito di risparmio; ma non può mai assumere la forma del capitale la cui origine e il cui sviluppo è lo sfruttamento del lavoro umano.
           Si parla spesso di stakanovisti o di colcosiani o di artisti o di scienziati milionari e ciò corrisponde a una realtà di fatto, ma ciò non deve mai far pensare ai «ricchi» e ai «renditieri» nel senso corrente di questi termini. In un regime socialista il «viver di rendita» non esiste poiché il lavoro oltre ad essere un dovere sociale nello stesso tempo è una profonda esigenza dell'individuo.
           La famiglia, altro pilastro della società socialista, è il fondamento del diritto ereditario sovietico. L'eredità nell'interno della famiglia, secondo la via diretta, non ha alcuna limitazione (una tassa di successione del 3%, e che giunge al massimo al 10% per valori superiori ai 100 mila rubli, oltre 10 milioni di lire, è dovuta per la eredità il cui valore, supera i 3000 rubli), mentre fuori della famiglia il cittadino sovietico può designare come eredi solo persone con le quali abbia convissuto almeno gli ultimi tre anni. Ed anche ciò è un aspetto della profonda moralità che regola la vita del mondo socialista.
           Le auguro — insieme con una lunga e serena vita — di essere in condizioni di trasmettere un buon patrimonio ai suoi figli o ai suoi eredi. Ma non vorrei proprio che anche lei appartenesse a quella schiera abbastanza numerosa di impiegati per i quali il «27» rappresenta l'unico e povero patrimonio e che, nonostante ciò, scuotono la testa quando si parla di socialismo, dicendo: «ma il socialismo abolisce la proprietà privata...».




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