Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


I preti operai (1953)

Si fa un gran parlare dei preti-operai francesi ed anche la stampa comunista ha dimostrato di seguire con attenzione quanto andava accadendo in proposito. Si tratta poi di una questione così importante, dato che in realtà tutto si riduce a qualche diecina di casi? (Carlo Galli - Genova)

           La polemica che è nata attorno ai preti operai francesi ha interessato la stampa di tutto il mondo ed ha anche avuto una colorazione scandalistica attraverso i soliti servizi a sensazione del «rotocalco».
           La questione dei preti-operai presenta però dei temi umani, sociali e politici di grande significato ed è per questo che anche la stampa comunista ne ha tratto motivo per considerazioni di ordine più generale.
           La creazione dei preti-operai, decisa dieci anni fa a Parigi dall'allora arcivescovo della capitale francese, il cardinale Suhard, fu presentata come una forma moderna delle «opere missionarie». Non si trattava più di mandare preti e frati fra le tribù africane o nelle vallate misteriose della Cina o nella giungla indiana ma di introdurli, con la casacca del lavoratore, nei fortilizi della classe operaia per contribuire ad arrestare, dove più agisce il «veleno» marxista, il processo di «decristianizzazione» del popolo francese, motivo di profonda preoccupazione delle gerarchie ecclesiastiche.
           E' vero che il movimento dei preti-operai non ha raggiunto una grande ampiezza. Si tratta in definitiva di un centinaio di sacerdoti sparsi in tutto il territorio francese, nelle fabbriche, nei porti, nelle grandi aziende agricole; pure in questi anni è nata in Francia una nuova forma di letteratura missionaria attorno alla figura del prete-operaio ed ora che il Vaticano è intervenuto per far cessare il «pericoloso» esperimento un vento di rivolta si è levato da numerosi centri della vita cattolica francese.
           A noi comunisti la questione dei preti-operai interessa da un punto di vista ideologico poiché i risultati dell'esperienza della Chiesa francese sono venuti ad illustrare la verità di alcuni principii marxisti ed interessa da un punto di vista politico poiché alla faziosità e all'autoritarismo delle gerarchie clericali ha fatto riscontro la fraternità e la solidarietà dei lavoratori francesi verso dei loro compagni di lavoro che restano sempre tali, qualunque sia la loro ideologia e qualunque sia la veste che indossano.
           Come sai il comportamento dei preti-operai è stato un po' diverso da quello che si attendeva l'episcopato francese. Il cardinale Suhard aveva ritenuto che l'ideologia religiosa, di cui si facevano portatori i preti-operai, avrebbe dovuto non solo preservare questi eccezionali lavoratori dall'influenza della lotta di classe ma agire sugli altri lavoratori per «riscattarli» dalla ideologia marxista.
           E' accaduto invece che i preti-operai, pur conservando i loro principii religiosi, hanno assunto, nelle lotte concrete per il lavoro, per l'indipendenza nazionale, per la pace, le stesse posizioni degli altri lavoratori; è accaduto che, indossata la tuta e afferrati i ferri di lavoro, quei sacerdoti hanno conosciuto la realtà dello sfruttamento umano, l'ipocrisia della classe padronale ed i loro alleati «spirituali», hanno esperimentato su di sè le violenze e le brutalità del potere di classe.
           Si sono trovati a partecipare agli scioperi perché ne riconoscevano la piena legittimità, ad essere percossi dalla polizia ed arrestati come accadde a due abati, operai delle officine Renault, in occasione dei fatti del 28 maggio del 1952, la famosa giornata dei «piccioni» di Duclos.
           Tutto ciò cosa ha significato, non solo per noi comunisti ma per chiunque voglia trarre degli insegnamenti dalle esperienze vive del mondo del lavoro? Ha significato un'altra prova dell'esattezza di uno dei principi fondamentali di Carlo Marx («non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere: al contrario è il loro essere sociale che determina la loro coscienza»), ha significato che la lotta di classe non è una invenzione del materialismo storico ma è il prodotto della società capitalistica, è una realtà sociale che agisce nella coscienza degli uomini indipendentemente dalle loro convinzioni.
           I lavoratori francesi, d'altra parte, che hanno avuto al loro fianco nella fatica e nella lotta i preti-operai (uno di questi, l'abate Bernard Chauveau, ha dichiarato, fra l'altro: «Ci si accusa spesso di fare il gioco del comunismo: bisogna però cercare, se vogliamo essere obbiettivi, di non fare neppure il giuoco della reazione, della repressione e di tutta una serie di ingiustizie e di miserie»), hanno agito e agiscono nei loro confronti sulla base dello solidarietà di fatto, economica e sociale, che esiste fra lavoratori cattolici e lavoratori comunisti.
           Ora il Vaticano è intervenuto con una specie di «dictat»: o si cambia metodo o i preti-operai siano richiamati nei vescovati e nelle parrocchie.
           Ma non pare che il passo compiuto dal cardinale Pizzardo, per incarico ricevuto dalla Santa Sede, abbia semplificato le cose. In Francia, in tutti gli ambienti, anche in quelli cattolici, l'aperto intervento del Vaticano, di uno Stato straniero, su questioni che riguardano i rapporti interni del popolo francese, ha suscitato proteste anche vivaci e d'altronde le stesse alte gerarchie ecclesiastiche, disposte alla piena obbedienza verso il Vaticano, temono di approfondire la crisi dal cattolicesimo francese confessando il fallimento dell'esperimento dei preti-operai.
           Può darsi che il Vaticano imponga il rientro delle «pecorelle smarrite» o può darsi che qualche sacerdote voglia conservare lo stesso la tuta convinto di obbedire così, nel modo migliore, ai principii della sua coscienza cristiana: le conclusioni di fatto di questo problema non ne costituiscono l'aspetto più importante.
           L'aspetto più importante è che, anche sul piano delle concezioni religiose, ancora una volta è apparso nel giusto colui che si pone a fianco di coloro che lottano e che sperano.




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