Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Indennità parlamentari (1953)

Ho sentito parlare di un progetto per l'aumento delle indennità ai parlamentari. Ma non godono già essi di assegni molto rilevanti, non pesano già abbastanza sul bilancio dello Stato? (G.B. Parodi - Genova)

           Firmando «G.B. Parodi» l'anonimo estensore della lettera cui mi riferisco ha forse voluto affermare che la sua opinione è un po' quella dell'uomo della strada e può darsi che, in parte, egli abbia ragione poiché non possiamo dire che sia entrata nella generalità degli italiani la piena concezione del costume democratico.
           Da molti l'attività parlamentare viene giudicata una specie di impiego redditizio e il grande principio della rappresentanza popolare, scaturito da un lungo processo rivoluzionario, svanisce spesso in calcoli fantasiosi di opulenti privilegi.
           Cominciamo anzitutto a conoscere la realtà della situazione. Ai parlamentari italiani è fissata, oggi, una indennità costante mensile di L. 65.000 e una indennità giornaliera di presenza, per i parlamentari, residenti fuori Roma, di L. 10.000 che viene ridotta a L. 6.000 se la presenza si limita ad una sola delle due sedute che, normalmente, occupano una giornata di lavoro a Montecitorio o a Palazzo Madama. Per quanto si riferisce ai parlamentari comunisti non è un mistero per nessuno che una parte notevole di tale indennità viene destinata al finanziamento del Partito.
           Quando si considera che il Parlamento non è aperto tutti i giorni, che difficilmente il parlamentare riesce ad essere presente a tutte le sedute e che il soggiorno a Roma comporta, ovviamente, delle spese, non so quale fondamento possa avere l'opinione dei «lauti stipendi».
           Ma la questione delle indennità parlamentari non è tanto di ordine finanziario quanto di ordine politico. Può darsi che vi sia qualche raffinato contabile che, listino dei prezzi alla mano, voglia dimostrare che le indennità di presenza possono essere ridotte, trasformando un parlamentare in una specie di commesso viaggiatore che debba presentare il conto ad un esoso padrone per il quale anche la spesa per una aranciata esorbita dalla diaria.
           L'indennità parlamentare potrebbe essere ridotta o potrebbe essere aumentata, non so, ma ciò non risolverebbe il problema di fondo: quello del prestigio, della considerazione e anche dell'affetto che, nel regime democratico, dovrebbe circondare gli «eletti del popolo». (oh!, grande significato spesso dimenticato della parola «eletto»...).
           Non è una questione di valore di uomini, è una questione di istituzioni, di ordine democratico, di fiducia nella vita politica del proprio Paese.
           Il discorso qui potrebbe allargarsi molto, potrebbe investire la decadenza del sistema delle democrazie borghesi di tipo parlamentare, ma qualunque possa essere l'opinione sul sistema politico nel quale ci muoviamo, non è con la denigrazione degli istituti costituzionali o con il discredito degli uomini che esercitano l'attività politica che si eliminano difetti e deficienze.
           E' sintomatico che siano proprio i comunisti, che pure lottano per la costruzione di una società profondamente diversa da quella borghese, in prima linea nella difesa delle attuali istituzioni parlamentari, che siano proprio i comunisti a dimostrare particolare stima e affetto per gli eletti del popolo.
           «G.B. Parodi» mi permetterà di ricordargli qui la grande considerazione in cui sono tenuti i deputati in un paese dove il costume democratico costituisce il fondamento dei rapporti collettivi, nell'Unione Sovietica.
           Ho visto in ogni stazione sale riservate ai deputati del Soviet Supremo di passaggio, fornite di biblioteca, di generi di ristoro, fornite di telefono con il quale il deputato può comunicare con qualsiasi città dell'Unione Sovietica. E sono certo che nessun cittadino sovietico brontola quando, sui treni, passa dinanzi allo scompartimento riservato ai deputati come sono certo che a nessun cittadino sovietico viene in mente di discutere sull'indennità assegnata a coloro che, dalla fiducia del popolo, sono portati alla direzione della cosa pubblica e e svolgere la più democratica e nello stesso tempo la più elevata delle funzioni.
           Ma è proprio necessario costruire una società veramente democratica per avvertire pienamente i valori della democrazia, per valutare le alte responsabilità e i complessi impegni — che si trasformano anche in oneri finanziari — di cui sono investiti deputati e senatori?




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