Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Concorsi di bellezza (1953)

Abbiamo discusso fra compagni sul dilagare delle elezioni delle varie «Miss» e molti non approvano che un tale modo di vita americana sia raccolto anche nelle nostre feste e da organizzazioni democratiche. Nell'U.R.S.S. esistono concorsi di bellezza? (Un gruppo di compagni di La Spezia)

           Che si tratti proprio di una manifestazione «made in U.S.A.» non direi.
           Non ricordate, cari compagni, la leggenda di Paride che ebbe il compito di risolvere la lite scoppiata fra Era, Atena e Afrodite, ciascuna autodichiaratasi la bella fra le belle dell'Olimpo? Come tutte le giurie messe di fronte a compiti così gravosi e delicati, Paride fu molto imbarazzato nell'assegnare il pomo e, come pare avvenga con una certa frequenza anche nei moderni concorsi di bellezza, la scelta non dovette essere del tutto disinteressata se Afrodite riuscì a trionfare sulle sue rivali corrompendo Paride con la promessa di fargli conquistare l'amore della più bella donna del mondo, Elena di Sparta, una specie di «Miss Universo» fuori concorso di quel tempo.
           Questo primo concorso di bellezza provocò non solo baruffe fra le concorrenti ed i loro sostenitori - cosa abbastanza comprensibile - ma addirittura, per via di quella famosa promessa, una guerra, la guerra di Troia.
           Un tale battesimo di corruzione, di intrigo e di sciagure avrebbe dovuto scoraggiare ogni proposito di ripetere esperimenti del tipo di quello di Paride.
           Ma, nelle piccole come nelle grandi cose, non sempre la lezione della storia viene raccolta, per cui non meraviglia affatto che gli organizzatori dei concorsi di bellezza dimostrino sempre di avere grande coraggio affrontando non dico le ire del destino - molto ipotetiche - ma quelle più concrete delle concorrenti deluse. E credo che, in definitiva, non sia il caso neanche di rammaricarsi, poiché finché la donna non potrà contare pienamente nel mondo - o meglio in tutti i Paesi del mondo - con tutta la sua personalità, che certamente non può essere misurata da quegli elementi esteriori di ordine estetico su cui poggiano i concorsi di cui stiamo discorrendo, la esaltazione della grazia e della dolcezza femminile vuol essere soprattutto, nella forma più semplice e più eternamente umana, un omaggio alla vita.
           Purtroppo i concorsi di bellezza sono diventati nella loro generalità un fatto di pubblicità commerciale: a leggere certi bandi di concorso che promettono questo e quello alle vincitrici e alle «piazzate» è difficile ritrovare in quell'elenco da ufficio di collocamento quel senso di romantica cavalleria che piacerebbe sempre scorgere alla base di tali manifestazioni. Senza parlare poi dei grandi concorsi mondiali le cui recenti cronache, piene di pettegolezzi, di frivolezze di parate pubblicitarie, ci hanno amaramente confermato che tutto viene distrutto e corrotto, anche le cose più semplici e più gentili, quando si mette in moto l'inesorabile ingranaggio degli affari.
           Le vostre perplessità e le vostre riserve sono quindi ben giustificate, ma il vostro errore è di generalizzare il giudizio, di negare ogni validità e ogni significato a queste forme di vita popolare solo perché esse, in altri ambienti e seguendo altri criteri, si risolvono in artificio, vanità o spettacolo di alto rendimento.
           Un concorso di bellezza che non perda il suo carattere semplicemente umano, la sua fresca e sana gioiosità, non ha niente di frivolo né di deteriore. Per questo in tante feste popolari, rinnovando le tradizioni molto lontane delle famose feste italiane, da quelle di Trastevere a quella di Torino, da quelle di Sardegna o di Venezia o d'Abruzzo, viene il momento in cui si festeggia la «più bella della festa». E' una tradizione vecchia di secoli che sulle «passerelle» dei grandi centri mondiali di villeggiatura si è corrotta e si è smarrita, ma che rimane con tutta la sua freschezza nelle chiassose e sincere feste del popolo.
           Dopo quello che vi ho scritto, cari compagni, è il caso di dirvi che nell'URSS i «concorsi di bellezza» nel senso come si intendono oggi, non hanno alcuno motivo di essere? E' il caso di ricordarvi che la conquista della indipendenza da parte della donna, il suo attivo inserimento in ogni settore della Società socialista, hanno permesso che la donna venga esaltata non sulla base di effimere vanità ma per tutto quello che la sua personalità sa e può esprimere.
           Sono convinto però che nelle feste dei grandi colcos a un certo momento, non fosse che attraverso un ballo d'onore attorno alle «più belle della festa» si esprima la gioia d'oggi del colcosiano per la conquista della vita così come una volta si esprimeva la dolorosa attesa della redenzione e la speranza del mugiko.




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