Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Unificazione della Germania (1953)

Si parla di unificare la Germania. Ma una volta ricostituita la Germania i gruppi reazionari avrebbero il sopravvento e quel Paese tornerebbe ad essere un pericolo per tutti i popoli. Meglio che l'occupazione continui per altri cinquant'anni. (Corrado Carletti - Genova Bolzaneto).

           Il 9 Maggio 1945 Stalin lanciando il messaggio della vittoria del popolo sovietico, affermava: «L'Unione Sovietica celebra la sua vittoria pur non avendo l'intenzione di smembrare o di annientare la Germania». Su questa linea si sono mosse negli anni difficili del dopo guerra le forze democratiche del mondo: il problema tedesco doveva essere risolto secondo i principii della Carta Atlantica (nessun mutamento territoriale non conforme ai voti liberamente espressi dei popoli interessati; rispetto del diritto di tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale vogliono vivere), secondo gli accordi di Yalta («è nostro inflessibile proposito distruggere il militarismo e il nazismo tedesco e far si che la Germania non sia più in grado di turbare la pace mondiale») e quelli di Potsdam che fissavano la base della ricostruzione di una Germania libera, pacifica e democratica nella estirpazione del militarismo e del nazismo.
           E' un profondo errore ritenere che le radici del «pericolo» tedesco possano essere distrutte tenendo diviso quel popolo: è vero proprio il contrario, è vero cioè che una situazione di rottura, di smembramento, e di permanente limitazione dei diritti sovrani del popolo è una situazione di instabilità e di minaccia per l'equilibrio del mondo.
           Del resto rientra nel metodo delle «aperture verso la guerra» perseguite dai ceti imperialistici il frazionamento artificioso e antistorico delle nazioni: il 28.o parallelo di Corea, le «zone» del territorio di Trieste, le «linee di demarcazione» di Germania e di Berlino, soluzioni necessarie nella fase di passaggio dalla cessazione della guerra alla stipulazione dei trattati di pace, sono stati trasformati dalla politica «occidentale» in purulenti centri di provocazione e in sanguinanti ferite di cui si vuol impedire la cicatrizzazione.
           Inoltre, nei confronti del popolo tedesco, affiorano talvolta posizioni di tipo razzista: si attribuiscono ai tedeschi delle caratteristiche costituzionali di «razza» (prepotenza, militarismo, spirito di aggressione, ecc.) per cui, si afferma, solo tenendo diviso e lungamente soggetto quel popolo il mondo può rimanere tranquillo.
           E così qualcuno giunge al paradosso che, pur avendo combattuto il «razzismo» hitleriano, convalida ora quei mostruosi principii riversandoli contro il popolo tedesco.
           Ma il militarismo, le aggressioni e la tracotanza non sono mai elementi costituzionali di un popolo, sono le conseguenze di una determinata politica, sono il frutto dell'azione di una determinata classe dirigente che, contro gli stessi interessi nazionali, persegue sogni di espansione e di dominio.
           Il problema tedesco venne chiaramente e giustamente impostato a Potsdam. Gli alleati, ossia l'U.R.S.S. gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna, proclamarono allora solennemente da una parte che non era loro intenzione distruggere e ridurre in schiavitù il popolo tedesco, dall'altra il proposito di dare al popolo tedesco la possibilità di ricostituire la sua vita su basi democratiche e pacifiche.
           Ma mentre le forze della pace si sono sempre ispirate nella loro azione a quegli accordi, gli «atlantici» si sono mossi su una strada completamente opposta. Il nazismo e il militarismo sono stati riportati, nella Germania Occidentale, agli «onori» della vita pubblica (Kesserling, liberato dalle carceri come tanti altri criminali, va tenendo comizi elettorali preparati con coreografia tipicamente nazista), è stato congegnato «l'esercito europeo» per ridare vita alla Wehrmacht, sono state esasperate tutte le forme di divisione fra le due Germanie (ricordi l'assurda e provocatoria creazione, da parte degli occidentali, di una moneta diversa, persino a Berlino, dove non esistono praticamente confini tra Ovest ed Est?).
           Gli «atlantici» sono giunti a dar vita al governo di Bonn sulla base di una pseudo-Costituzione di tipo federalista nella quale non hanno mancato di far scrivere a tutte lettere che lo «Stato della Germania Occidentale» può «delegare i suoi poteri sovrani ad organi interstatali», il che significa che un tale «Stalin» non è altro che un obbediente strumento nelle mani delle potenze occidentali di occupazione.
           Lo smembramento e la soggezione del popolo tedesco è politica di guerra, così come l'unificazione sulla base di strutture democratiche è politica di pace.
           Del resto la parola d'ordine della «unificazione» esercita, giustamente, una potente suggestione su tutto il popolo tedesco: il pericolo è che tale parola d'ordine giusta sia usata dai gruppi reazionari tedeschi per far risorgere l'antico sogno di dominio. Nella sessione di Mosca del Consiglio dei Ministri degli Esteri del 1947 Molotov denunciò la minaccia per la pace del mondo contenuta nelle declamazioni unitarie dei militaristi tedeschi che tentano di coprire, agitando una bandiera di alto significato nazionale la politica degli «eserciti integrati» e delle «rivincite».
           E' compito di tutti coloro che amano la pace schierarsi a fianco del popolo tedesco affinché la liberazione della Germania non solo dalle forze di occupazione straniere ma di tutti i focolai dell'infezione nazista, sempre vivi nella zona occidentale, segni per tutti i popoli un ulteriore grande successo delle forze della pace e del progresso.




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